sabato 11 ottobre 2008

Caligola e le tre Grazie









Alfa, la mente del blog Il lago dei misteri questa settimana propone una libera interpretazione ispirata da un ritrovamento archeologico. Era il 1601 quando a Pallanza venne rinvenuto un altare dedicato alle tre dee Matrone (le tre Grazie) da un liberto di nome Narcisso. Fu eretto come richiesta di grazia per la salvaguardia della salute dell’imperatore Caio Cesare Augusto Germanico, soprannominato Caligola, che regnò dal 37 al 41 d. C.

Ecco il racconto:

Lo schiavo aveva fatto molta strada. Aveva saputo conquistarsi i favori del sovrano fino a diventare, non solo un uomo libero, ma un suo potente consigliere. Egli perciò sapeva che situazioni straordinarie richiedono misure eccezionali.
L’imperatore era caduto ammalato e i medici dicevano che solo un miracolo avrebbe potuto salvarlo. L’ex schiavo sapeva che la morte del sovrano avrebbe provocato anche la sua disgrazia, perché tanti erano i nemici che attendevano solo il momento giusto per vendicarsi.
Così era pronto a sacrificare a qualsiasi dio o dea gli potesse concedere la grazia. Anche a quelle tre dee che erano adorate dai popoli che vivevano nella regione dei laghi, tra il grande fiume Eridano e le Alpi. Erano chiamate le tre Madri, ma erano raffigurate come tre Grazie armoniosamente danzanti. Dedicò loro un altare di marmo, su consiglio di un vecchio druido che aveva interrogato in segreto. Una legge emanata ai tempi dell’imperatore Cesare Augusto vietava infatti di praticare l’antica religione dei Celti. Il druido però l’aveva avvertito: se la grazia fosse stata concessa, l’imperatore avrebbe dovuto consentire ai druidi di professare di nuovo apertamente la loro fede.
L’imperatore guarì, ma non volle ascoltare le parole del suo consigliere. Vagheggiò anzi di conquistare le isole britanniche, ultima roccaforte dei liberi druidi.
Per questo Gaio Caesare Augusto Germanico, l’imperatore di Roma meglio conosciuto come Caligola, rimase in vita, ma perse il senno e il suo primo editto dopo la malattia fu di nominare senatore il proprio cavallo.

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