sabato 29 gennaio 2011

Curiosando nei cassetti della Bottega del Mistero

Nei cassetti della storia

Ci sono cassetti vuoti ed altri che si fatica a chiudere. Ce ne sono molti che apriamo tutti i giorni e alcuni che preferiamo restino chiusi. Alcuni a chiave, per maggiore sicurezza.
Ci sono ricordi che si accumulano nei cassetti e manoscritti destinati a rimanerci. E ci sono cassetti che finalmente si aprono per fare uscire idee, storie e sogni.
A proposito di oggetti contenuti nei cassetti il nostro territorio ha una tradizione molto antica e interessante. Fin dal Cinque e Seicento, infatti, erano attivi ottonai e peltrai che producevano oggetti per la casa, come posate, candelieri, lucerne in ottone, scaldaletto e pentolame in rame. Era un mestiere che spesso li portava molto lontani dalle loro case, in Francia, Svizzera e Germana, dove girando di città in città costruivano e vendevano questi oggetti.
Il loro numero e la loro produzione ad un certo punto cominciò persino a dare fastidio agli artigiani locali, che denunciarono questi stranieri, con l’accusa di produrre e vendere oggetti che oggi chiameremmo “taroccati” con una quantità di metallo pregiato inferiore  a quella prevista dalle leggi per le leghe metalliche.
Ne seguirono processi, da cui però i nostri emigranti furono assolti, dimostrando che era solo grazie alla loro bravura se riuscivano a produrre oggetti di qualità a prezzi inferiori.

Ad alimentare l’emigrazione era la pratica dell'apprendistato che spingeva molti giovani a seguire gli artigiani più esperti. Poteva diventare apprendista solo colui che vantasse una nascita legittima e fosse ritenuto retto e pio. Il periodo di tirocinio durava da tre ad otto anni. Se il giovane sopportava questi duri anni di pratica, il maestro gli richiedeva la realizzazione di un lavoro di prova prima di insignirlo della qualifica di lavoratore.
Uno dei primi documenti che attestano la pratica dell'apprendistato, in terra cusiana, è del 1628 e riguarda una convenzione tra Bernardo Monti e Bernardino Gonnella, entrambi d'Orta, affinché il Gonnella porti con sé in Spagna Battista Monti, il figlio di Bernardo.

Tra l’altro, sempre a proposito di cassetti, c’è un tipo di edificio che è una sorta di grande cassetto contenente oggetti misteriosi che parlano del nostro passato. Un tempo lo chiamavano Wunderkammer (Camera delle meraviglie). Oggi noi lo chiamiamo museo. Sul nostro territorio ce ne sono molti, ma se parliamo di oggetti per la casa una visita è obbligatoria al Museo arti ed industria di Omegna, che racconta proprio la storia della grande tradizione del casalingo nel Cusio, dagli antichi peltrai al design moderno e dalla caffettiera alla pentola a pressione.


La musica e gli inquietanti segreti nel cassetto

“Così tieni un piccolo segreto ben nascosto sul fondo del cassetto”
Come segreti compromettenti o forse una pistola, per difenderti, ma questo non basterà a salvarti e i poliziotti scriveranno che il tuo è solo un altro omicidio.

Nel 1982 Bruce Springteeen registrò una canzone che avrebbe dovuto dare il titolo all’album a cui stava lavorando. Era una canzone che parlava della violenza e di come questa fosse così connaturata alla società americana da far considerare gli omicidi come semplici numeri nelle statistiche del crimine.
Misteriosamente, però, la canzone alla fine non fu inclusa nell’album. Forse al Boss era sembrata troppo dura per un album che si voleva rivolgere ad un pubblico ampio, dopo il mediocre successo dell’album precedente, Nebraska, molto apprezzato dalla critica, ma con deludente risultato di vendita.
L’album uscì nel 1984 con il titolo Born in the USA e rimase primo in classifica per 85 settimane. L’omaggio alla working class americana, rappresentata dal cappello rosso infilato nei jeans del Boss costituì una delle immagini simbolo degli anni Ottanta.
Nonostante avesse eseguito in concerto più volte la canzone esclusa da Born in the USA, solo nel 1994 fu remixata e pubblicata nel 1995 nei Greatest Hits.
Il suo titolo era preso da un film del 1960, Sindacato Assassini, interpretato da Peter Falk che all’epoca non vestiva ancora i panni del Tenente Colombo.
Il film si ispirava ad una storia vera e ormai entrata nella leggenda nera del crimine americano. Agli inizi del Novecento la città di New York era contesa tra tre agguerrite organizzazioni criminali. L’italiana Cosa Nostra si confrontava strada per strada con la mafia irlandese e con quella ebraica.
Per consolidare il precario equilibrio raggiunto, tra gli anni Venti e gli Anni Quaranta a Brownsville, in quegli anni il più violento e degradato ghetto di Brooklyn, venne reclutato, organizzato e stipendiato un gruppo di killer a pagamento. Negli anni questo primo gruppo fu rafforzato da altri assassini a pagamento italiani, ebrei ed irlandesi provenenti dal Bronx, da Brooklyn, da East New York, Ocean Hill e altri quartieri malfamati di New York.
I sicari erano alle dipendenze del Sindacato Nazionale del Crimine ed erano pagati da un minimo di 1000 dollari ad un massimo di 5000 per ogni omicidio. Anche i loro famigliari ricevevano una sorta di stipendio e in caso di arresto erano i boss a provvedere al pagamento delle spese legali.
Negli anni Quaranta l’organizzazione, che si stima abbia eseguito più di 1000 omicidi in tutti gli Stati Uniti, fu colpita duramente dall’arresto e la condanna di molti suoi membri che iniziarono a collaborare.
Tuttavia lo scoppio della guerra e la segreta alleanza tra Cosa Nostra e il Governo americano negli anni Quaranta fecero sì che la maggior parte dei membri superstiti dell’Organizzazione sfuggissero alla giustizia.

Bruce Springsteen, Murder inc.

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