domenica 27 febbraio 2011

Racconto: Il problema erano gli occhi

In un angolo di mondo c’è un giovane artista. Il suo nome è Saverio. E Saverio ha un’ossessione. Un’ossessione che non può evitare, perché la ritrova ogni giorno sul volto di chiunque incroci il suo sguardo. Ecco la storia che Cecilia Forcherio ha scritto per noi.


Il problema sono gli occhi. Questo pensava Saverio, seduto in un angolo della piazza che da anni ospitava ritratti venduti a pochi euro a turisti e coppie di innamorati.
Occhi alla cui naturale perfezione non aveva saputo opporre un’inutile superiorità.
Null’altro, nella sua vita stropicciata e macchiata di grafite, era stato in grado di sciogliere i nodi che soffocavano un cuore troppo spaventato per concedersi.
E ancora, quei maledetti occhi, quei benedetti occhi, cui non sapeva ridar vita, nel pallore ombreggiato dei mille volti ritratti sul candore corrotto dei fogli. La cellulosa pressata ritrovava respiro nei sorrisi di giovani donne, o fra le pieghe pensose della pelle di un anziano. Ma qualcosa sfuggiva al suo tocco sensibile, qualcosa non si lasciava catturare dalle fibre avvezze a bere pensieri, ad essere vetrina di gesti catturati nell’infinito d’un istante. Qualcosa scivolava dalla stretta dell’ossessione di ridurre il mondo alle due dimensioni, nell’abbraccio delle pagine di un taccuino.
Un giorno, poi, si era rassegnato, aveva smesso di sbirciare nell’anima dei passanti dalla serratura delle loro profonde pupille.
Quella mattina alzai la saracinesca del bar. Nell’angolo di sempre – circondato da tanti fogli quante erano le volte in cui s’era lasciato catturare dalla fugacità della meraviglia – stava Saverio. Nulla pareva mutato, nella sua posa ricurva, nella figura sottile, nel tocco sicuro con cui il carboncino accarezzava l’album.
Ma qualcosa di diverso c’era: un paio di scure lenti a schermare le sue iridi grigie.
Saverio alzò lo sguardo, nella mia direzione, e con il capo accennò un saluto; un saluto nuovo che sussurrava vendetta: se il mondo aveva deciso di non concedergli la panoramica sul suo paesaggio migliore, lui stesso l’avrebbe negata al mondo. Da quel giorno solo schiene, spalle, mani. E ombrelli che celavano volti, e insignificanti dettagli, e riflessi di riflessi dell’anima della città.
Finché, una mattina, il vuoto nell’angolo di Saverio mi accecò.
So che non rivedrò mai più quell’artista. Ma sono certo che si sia fatto fregare una volta ancora.
E lo immagino in giro per il mondo – l’album sotto braccio, il carboncino in tasca – a inseguir la sua salvezza in uno sguardo ennesimo.


Il problema erano gli occhi  di Cecilia Forcherio

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