lunedì 31 gennaio 2011

Racconto: La maschera di Zorro

Le storie di Marco Franceschini, uno dei nostri autori, sono come quelle Polaroid un po' ingiallite che trovi sul fondo di un cassetto. Il cassetto della memoria. Basta un'occhiata a far riaffiorare pensieri e ricordi sopiti.
La storia che vi stiamo per raccontare narra di un eroe della televisione, di quando la televisione era ancora in bianco e nero.


Quando alla domenica, tanti anni fa, la Tv dei ragazzi lanciava la sigla di Zorro, in bianco e nero, con il cavallo che s'impennava nella notte, l'emozione era grande. E il coro drammatizzava: “Zorro, Zorro…!” con l’accento americano, un po’ strano…
Il bianco e nero aveva un fascino tutto particolare: la notte creata con il filtro, il lucido, nero mantello che avvolgeva Zorro andava a ricadere sui fianchi possenti del suo cavallo, Tornado, la spada sguainata alta a puntare verso il cielo... Quel cielo di tempesta, frantumato da lampi crepitanti, geometrici... che forza!
E lui, l'attore Guy Williams, Don Diego de la Vega, giovane ricco ed un po' indolente, che la notte si trasformava in Zorro, "la Volpe", per vendicare i poveri, i maltrattati…
L'unica cosa che non convinceva era la maschera, sotto il cappello piatto. Sì, perché quel sottile nastro segoso con le due fessure per gli occhi ed il fiocco sulla nuca che il fedele servo muto (ma non sordo!) Bernardo gli porgeva durante la vestizione, non mi pareva un camuffamento sufficiente. Certo era buio quando Zorro, in un suggestivo "clòppete clòppete" raggiungeva qualche bella ragazza - di solito si chiamavano Marisòl, erano l'essenza della femminilità - o qualche peone vestito di sandali e stracci, vittime d’ingiustizie, di sopruso, però…
Insomma, la famosa "maschera di Zorro", non mi pareva tanto... mascherante! E poi i baffetti di Don Diego de la Vega davano alla mandibola un tocco inconfondibile. Ero davvero stupito che non lo riconoscesse neppure suo padre, vedendolo scapicollarsi tra cantine e tetti, tra mura della prigione e case di autorità…
Io non volevo che catturassero, Zorro. E non era tanto il grasso Sergente Garcia a preoccuparmi, impacciato simpatico con quel suo debole per vino e distillati, ma erano ben altri i nemici di Zorro, tutti armati e crudeli. E lui, con quella striscetta di seta, poco più di un fiocco con due fessure!
Ma lui era Zorro, mica uno qualunque!
Oggi Zorro mi manca. Tutto più complesso, dicono i sociologi. Di maschere, però, ce ne sono sempre più, mentre di Zorro non si vede più nemmeno l’ombra. L’ombra della Volpe.




La maschera di Zorro di Marco Franceschini

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