sabato 5 febbraio 2011

Il fuoco nella Bottega del mistero

 
Antichi rituali del fuoco

Secondo gli antichi filosofi è uno dei quattro Elementi (con Aria, Terra e Acqua) che costituiscono il mondo. Di certo la scoperta di come accenderlo e controllarlo ha cambiato la storia dell’umanità. Grazie ad esso le tenebre sono diventate meno oscure e persino le zone più fredde del pianeta sono state colonizzate. Il fuoco tuttavia non è solo luce e calore.
Il fuoco però può distruggere ed uccidere e come accade con tutti gli elementi, giocare con esso può essere pericoloso. Per questi motivi il fuoco è un elemento presente in moltissime tradizioni di tutto il pianeta.
Per gli antichi Greci fu il gigante Prometeo a rubare il fuoco agli Dei per farne dono agli Uomini. Per questo fu punito: venne incatenato ad una montagna dove, ogni giorno, un’aquila gigantesca giungeva a divorare il suo ventre, che la notte si risanava per essere nuovamente straziato il giorno seguente.
Poiché accendere il fuoco era difficile, si preferiva tenerlo sempre acceso. E se si spegneva le massaie potevano recarsi in templi speciali dove un fuoco sacro era tenuto permanentemente acceso.
A Roma erano le sei sacerdotesse della dea Vesta, le vergini Vestali, a custodire il fuoco sacro per trent’anni della loro vita. Godevano di grandissimi onori, ma guai a loro se lasciavano spegnere la fiamma o se, peggio ancora, infrangevano il voto di castità: dopo essere fustigate, erano rinchiuse in una tomba a morire di fame.
Nel mondo celtico esisteva una festa, che si chiamava Imbolc, con cui si celebrava l'allungamento della durata del giorno e la speranza nell'arrivo della primavera.
La tradizione prevedeva l’accensione di lumini e candele in onore della dea Brígit, detta anche Brighid o Brigantia, la “dea del triplice fuoco”, patrona dei fabbri, dei poeti e dei guaritori. Il suo nome deriva proprio dalla radice “breo” (fuoco): il fuoco della fucina, il fuoco dell’ispirazione e il fuoco che guarisce.
Era talmente sentito il suo culto che riuscì persino a diventare santa. Con l’avvento del cristianesimo si iniziò ad onorare infatti Santa Brigida, considerata la levatrice di Cristo, un personaggio femminile della cui esistenza storica nulla si sa, mentre sono noti i molti miracoli, come quello di trasformare in birra l’acqua in cui si lavava. Cosa che non deve stupire se si considera che Brigit era chiamata “Madre dell’Orzo”.
Nel monastero irlandese di Kildare, fino alla riforma protestante, un fuoco sacro era mantenuto perpetuamente acceso da diciannove monache, che vegliavano a turni di una giornata.
Quando giungeva il suo turno, la diciannovesima suora pronunciava la formula “Bridget proteggi il tuo fuoco. Questa è la tua notte”. Il ventesimo giorno si riteneva fosse la stessa Bridget a tenere miracolosamente acceso il fuoco.
Un’altra cosa interessante è che Imbolc si celebrava nel punto mediano tra il solstizio d'inverno e l'equinozio di primavera, vale a dire dal tramonto del 31 gennaio all’alba del 3 febbraio. Con una coincidenza temporale che non è affatto casuale, con la nostra festa tradizionale della Candelora, che cade proprio in quei giorni.
La Candelora, come molte altre feste tradizionali, ha riassunto in sé più feste precristiane, provenienti anche da tradizioni diverse. Infatti la festa inizialmente si celebrava, secondo la tradizione latina, a metà Febbraio, il mese della purificazione dedicato a Giunone Februata. Solo più tardi fu portata agli inizi del mese per farla coincidere con la festa tradizionale pagana celebrata dalle popolazioni europee di tradizione celtica.


Il fuoco infernale del rock psichedelico

Nel 1968, quando il gruppo inglese The Crazy World capitanato da Arthur Brown salì sul palco, il pubblico rimase letteralmente scioccato. Il rock psichedelico che suonavano, senza chitarre ma con il potente accompagnamento di un organo elettrico Hammond, schizzò immediatamente in cima alle classifiche, nonostante e forse anche grazie alle furibonde critiche lanciate contro il look del gruppo, in particolare quello del suo leader, Arthur Brown.
Erano molti, per l’epoca, gli elementi scandalosi di questa band che ebbe parecchi problemi in vari paesi. Dall’Italia fu addirittura espulsa nel 1969 con il divieto di rimettere piede nel paese.
Il volto truccato di bianco con larghe occhiaie nere (definito Corpse Paint, “Trucco Cadaverico”) si ispirava ai guerrieri delle armate cadaveriche popolari nel folklore nordico. In seguito sarebbe diventato uno dei tratti distintivi di molti gruppi heavy metal, ma fu Arthur Brown il primo ad utilizzarlo sul palco.
Non contento Brown si esibiva portando sulla testa un elmetto che conteneva un liquido infiammabile, che era incendiato nel momento in cui saliva sul palco. Poiché il copricapo era di metallo, rapidamente il dolore diventava quasi intollerabile per il cantante. Durante l’esecuzione, più volte accadde che il liquido infiammato uscisse dal contenitore, appiccando il fuoco ai capelli e agli abiti. In un caso Brown fu salvato dall’intervento della sicurezza che gli versò della birra in testa per spegnerlo.
Anche la canzone fu considerata particolarmente oltraggiosa. Brown l’introduceva infatti con il grido “I’m the god of Hell’s Fire” e il brano si concludeva con il sinistro sibilo di un vento.
Occorre dire, oltretutto, che alle orecchie del pubblico anglosassone il nome Hell’s Fire richiamava una serie di circoli segreti sorti nell’Inghilterra del Settecento e noti appunto come Hellsfire Club.
Non è chiaro cosa facessero esattamente i componenti di questi circoli (dei quali facevano parte esponenti della più potente aristocrazia inglese) anche se è certo che avessero un orientamento paganeggiante e dionisiaco.
Attorno agli Hellsfire Clubs crebbe così una leggenda nera, alimentata da molti romanzi e fumetti, che li ritrae come covi di satanisti dediti ai peggiori crimini. Prove precise in questo senso non sono però mai emerse, anche perché i documenti contenuti nei loro archivi segreti furono tutti bruciati. Qualunque cosa contenessero erano certo troppo compromettenti per personaggi che rivestirono importanti incarichi di governo.
Dentro questi club segreti circolavano però anche molte idee illuministe e rivoluzionarie, considerate come il fumo del Diavolo dai governi e dalla Chiesa.
Tra i frequentatori dell’Hellsfire Club figura infatti anche lo scienziato e filosofo Benjamin Franklyn, che fu un grande cultore del fuoco: tra le molte sue invenzioni ci sono il parafulmine e una particolare stufa che prende il suo nome; inoltre diede vita alla prima assicurazione contro gli incendi e al primo corpo volontario dei pompieri. Ma soprattutto fu uno dei padri della rivoluzione che incendiò le Tredici Colonie d’oltreoceano portando alla nascita degli Stati Uniti d’America.
La canzone cantata da Arthur Brown, in ogni caso, si ispirava soprattutto al motto del Hellsfire Club, “fai ciò che vuoi”, e più che altro va inserita nello spirito di ribellione e trasgressione (“Sex & Drugs & Rock & Roll”) che caratterizzò quegli anni.

The Crazy World of Arthur Brown, Fire

www.illagodeimisteri.it

Foto di Marta Rizzato

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