La grande tela da titolo "Il passaggio del Ticino a Sesto Calende dei Cacciatori delle Alpi il 23 maggio" di oltre sei metri, dipinta dal milanese Eleuterio Pagliano e conservata nella collezione dei Musei Civici di Varese, testimonia lo sbarco dell'eroe nella cittadina lombarda dopo essere salpati nella notte da Castelletto Ticino, in Piemonte.
Era la notte tra il 22 e 23 maggio 1859 e le truppe dei Cacciatori delle Alpi passavano il Ticino a Sesto Calende. Quell' azione apriva ufficialmente le ostilità tra l'esercito piemontese e le truppe austriache e nulla sarebbe stato più come prima.
La tela racconta il coraggio e l'emozione dei volontari pronti a sbarcare. Al centro della tela, in piedi sul molo, proprio Giuseppe Garibaldi, che aveva preparato e diretto l'intervento. Dietro di lui, il suo stato maggiore: Giacomo Medici, Nino Bixio, Gaetano Sacchi ed Enrico Cosenz. Nelle barche, i soldati.
Lo stesso giuseppe Garibaldi racconta la vicenda, con accenti davvero poetici, nelle sue memorie autobiografiche:
"Da Borgomanero ordinai i viveri ad Arona e gli alloggi, persuaso che in quel paese non mancherebbero spie austriache da informare il nemico.
Giunsi ad Arona colla brigata al principio della notte: entrai nel paese con alcuni cavalieri fingendo di voler prendervi stanza, secondando la finzione gli uffiziali d'alloggio, commissari e forieri. Ordinai segretamente che si prendessero tutte le precauzioni sui differenti accessi del paese, acciocché la truppa non entrasse e la feci incamminare verso Castelletto.
La notte era oscura, la pioggia continuava a cadere, sottile ma insistente. I soldati non cantavano più, ancora qualche strofa sussurRata a bassa voce, poi un silenzio profondo; solo il passo cadenzato della colonna rompeva la monotonia della notte. Ognuno si studiava di camminare leggiero, quasi che il rumore potesse destare il nemico e rovinare l'impresa ed intanto, quanti pensieri lieti e melanconici! La mente correva alla famiglia, al paese, ai campi, alle battaglie future...
Si assaporavamo già le gioie delle vittorie, si pregustavano le accoglienze entusiastiche, la soddisfazione, l'orgoglio, di aver reso un servigio alla patria, ed a tali pensieri, i soldati, spinti quasi dal desiderio di giungere presto alla mèta marciavano senza accorgersi del cammino, distratti, di quando in quando, dal comando, pronunziato a bassa voce, secco, reciso. Giunsero a Castelletto ad undici ore passate".
Giunsi ad Arona colla brigata al principio della notte: entrai nel paese con alcuni cavalieri fingendo di voler prendervi stanza, secondando la finzione gli uffiziali d'alloggio, commissari e forieri. Ordinai segretamente che si prendessero tutte le precauzioni sui differenti accessi del paese, acciocché la truppa non entrasse e la feci incamminare verso Castelletto.
La notte era oscura, la pioggia continuava a cadere, sottile ma insistente. I soldati non cantavano più, ancora qualche strofa sussurRata a bassa voce, poi un silenzio profondo; solo il passo cadenzato della colonna rompeva la monotonia della notte. Ognuno si studiava di camminare leggiero, quasi che il rumore potesse destare il nemico e rovinare l'impresa ed intanto, quanti pensieri lieti e melanconici! La mente correva alla famiglia, al paese, ai campi, alle battaglie future...
Si assaporavamo già le gioie delle vittorie, si pregustavano le accoglienze entusiastiche, la soddisfazione, l'orgoglio, di aver reso un servigio alla patria, ed a tali pensieri, i soldati, spinti quasi dal desiderio di giungere presto alla mèta marciavano senza accorgersi del cammino, distratti, di quando in quando, dal comando, pronunziato a bassa voce, secco, reciso. Giunsero a Castelletto ad undici ore passate".
La traversata si compì in ordine; solamente, come dice Garibaldi "siccome le barche erano un po' pesanti e molto cariche, non potevansi maneggiare facilmente e non approdavano allo stesso luogo; alcune anzi erano trascinate alquanto abbasso dalla corrente".
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