Il colore del pane è un particolare che raramente sfiora i nostri pensieri. Eppure il candore che si nasconde sotto quella sua scorza croccante ha qualcosa di magico se ad osservarlo sono gli occhi di un bambino. “Cibo color delle nubi” è il titolo del racconto che Antonella Mecenero ha scritto per noi.
Il giorno in cui per la prima volta accompagnai mio padre a vendere le pelli all’emporio del forte, il mercante mi diede un piccolo pane.
All’esterno era color della paglia e ruvido al tatto, ma quando lo aprii scoprii un tesoro di profumo e di bianco.
Io di bianco conoscevo le nubi d’estate, prima che si facessero grigie di pioggia. La neve che d’inverno portava la fame e assediava le tende. I petali sottili di piccoli fiori, prima che lo calpestasse il bisonte.
Le nubi le inseguivo, senza poterle prendere mai. Catturavo la neve, che mi raffreddava le dita e poi andavano scaldate vicino al fuoco e si facevano rosse e dolenti. I petali invece, quando li stingevi, subito appassivano, scurendosi nel palmo della mano.
Era bianco anche il grasso della carne di un animale appena ucciso, ma si scioglieva sul fuoco o mutava in rancido giallo.
Non avevo mai mangiato niente di bianco, chiaro come la pelle dell’uomo che me l’aveva donato, buono, pensai, come il suo sorriso.
L’aroma riempiva la bocca prima quasi del morso. Pensai che ci si potesse saziare solo con quel profumo, ma poi lo addentai, croccante e poi morbido e dolce.
E io invidiai l’uomo bianco di un’invidia da bambino. Non per i troppi fucili, i cavalli e i cannoni. Lo invidiai per il pane e pensai che era davvero gente migliore, se poteva mangiare ogni giorno così.
Quando poi uscimmo nel cortile, vidi i soldati con le giacche azzurre tutte macchiate di fango, come cieli sporcati di nubi, che si riposavano all’ombra di quella grande tenda che non si può spostare e che chiamavano “forte”. Mangiavano piano anche loro pezzi di pane, ma le loro pagnotte erano scure, color della pelle del bisonte e ne masticavano a lungo i pezzetti, come fossero dure cotenne.
E io fui contento, allora, che ai soldati fosse negato il privilegio del cibo color delle nubi. Ma poi sorse, piano, il disagio per un popolo che sapeva colorare differenze anche con un boccone di pane.
Cibo color delle nubi di Antonella Mecenero
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