Gli animali si parlano. Hanno un loro codice, un alfabeto, metodi convenzionali per comunicare tra loro. Ne sanno qualcosa i pescatori in Humboldt in California, testimoni loro malgrado di alcuni strani episodi nell’estate del 2009.
Da bambino, guardavo il mio San Bernardo oziare sul prato con la bocca socchiusa e pensavo ridesse. Poi mi hanno insegnato che gli animali non sorridono. Quando due gatti si sedevano vicini ero sicuro che si sussurrassero segreti all’orecchio, ma gli animali, mi dicevano, non parlano.
Si scambiano informazioni, certo, secondo schemi fissi e pre definiti, come i canti territoriali degli uccelli e le danze delle api bottinatrici. Ma sono poche le specie che riescono a cambiare rapidamente i propri schemi comportamentali ed è solo la nostra paura che interpreta intenzioni e malignità in quelle che sono azioni istintuali.
Ho ripetuto tutte queste cose, in mattina, ai pescatori spaventati, cercando di blandire le loro superstizioni da libro d’avventura ottocentesco. Si sentono assediati dai Kraken solo perché qualche calamaro di Humboldt, creatura che neppure possiede un cervello propriamente detto, si è avvicinato troppo alle loro imbarcazioni.
È notte, adesso. Intorno alla nostra barca si avvicinano i calamari. Prima un paio, poi dieci, quindici, venti creature lunghe circa due metri. Mi chiedo cosa vedano i loro grandi occhi globosi inadatti a scrutare la superficie.
Alla luce delle torce si notano anche da quassù i bruschi cambiamenti di colore dovuti ai cromatofori sulla loro pelle. Sembrano pulsare, sempre più veloci via via che il loro numero cresce e si avvicinano.
La barca inizia a tremare, un paio hanno allungato i tentacoli verso lo scafo. Gli altri si sono allontanati, in attesa. Hanno assunto tutti lo stesso colore scuro.
Questi animali parlano.
Si sono detti che la preda questa volta siamo noi.
Scritto da Antonella Mecenero
È una storia ispirata dalla presenza di una specie particolarmente aggressiva di calamari nei mari della California. I calamari di Humboldt, infatti, sono predatori che possono raggiungere i due metri di lunghezza. E che da qualche tempo impensieriscono i bagnanti delle assolate spiagge americane.
Nessun commento:
Posta un commento