Sara Zancanaro, una delle nostre autrici, ha immaginato un nodo; un nodo che appartiene ad un pensiero inconfessabile. Un nodo stretto attorno ad un’idea folle. Leggete questa storia. E tenetevi forte.
Altra giornata d’ufficio. Altra giornata, dolore.
Forse arriverò alla pensione, sempre se perdo quell’idea persistente di stringere il nodo.
Stufo, dondolo stravaccato sulla poltrona grigio topo e socchiudo gli occhi per afferrare un respiro di calma.
Eccola qui; mi appare sempre sinuosa, in bianco smagliante su fondo nero. Già, la corda ammicca alla mia immaginazione e volteggia i miei punti cardinali sulle note della follia.
Il segmento cordaceo è verticale davanti alle mie pupille. Il limite in alto, il nord - il limite in basso, il sud. E il centro svirgola un po’ a est-ovest, poi, ovest-est, in una danza del ventre sensuale e morbida. Una biscia liscia e spasmodica. Sempre più frenetica, la fune scivola caramellosa sulle sue stesse fibre. L’estremità sud penzola straziata alla gravità del pavimento. L’estremità nord si incurva verso il centro e partorisce una prima asola, chiusa in un bacio tra diverse direzioni. Ma non è abbastanza. Avida, l’estremità nord ha ingordigia del suo simile a sud. Si lancia, e il tuffo è così violento da farla impennare verso l’alto per rimbalzare là, ancora al centro e generare una seconda asola, gemella della prima. Ma non è mai abbastanza. Smaniosa, famelica, go-lo-sa, l’estremità nord si avvolge in un abbraccio soffocante attorno al centro, due, quattro, sei volte almeno, per poi ricadere a sud ingoiata nella seconda asola.
Indispettita la prima asola tira e tira e grida: “Cappio, cacchio!”. Ecco qua, un occhiello scorrevole che si serra a un qualsiasi solido attorno al quale è avvolto. È perfetto. Tanto più è il peso che sostiene, tanto più è la stretta che impicca. Bang!
La finestra sbatte; mi sveglio di soprassalto: il mio nodo scorsoio rimane appeso all’immaginazione vacillante invasa dalle luci al neon. Dilato pupille, stomaco e fegato; il collega ha spento l’aria condizionata. La pila di documenti svolazza sul parquet e io, io, io!!! Giuro, prima o poi lo strozzo! Al patibolo, quel incompatibile, fraudolento collega da strapazzo; ladro d’aria!!
Cappio, cacchio! scritto da Sara Zancanaro
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