La storia che vi stiamo per raccontare ha per protagonista un uomo la cui vita è curiosamente legata, annodata dovremmo dire, ad una vicenda di nodi. “Il nodo immaginato” è il racconto che Federico Di Leva ha scritto per noi.
Il professor Hermann aveva un curioso rapporto con i nodi. In tutte le accezioni del termine ma, in particolare, con una di esse…
Quella mattina, poi, i nodi avrebbero giocato un ruolo fondamentale nell’esistenza del professore.
La sveglia suonò presto, ma non destò Hermann che, per quasi tutta la notte, non era riuscito a dormire, arrovellandosi attorno al nodo di un’ansia assai difficile da sciogliere.
Si alzò dal letto. Le gambe gli dolevano, affaticate dal peso degli anni che, presto o tardi, lo avrebbero schiacciato. Andò in bagno, a specchiarsi. Sulla sua testa canuta, costellata dalle macchie dell’età, i pochi capelli rimasti erano una nuvola bianca e sottile.
Hermann la pettinò o, almeno, tentò. E tutti i nodi (com’è proverbiale) vennero al pettine. Quei nodi che lui non aveva ancora mai avuto voglia di domare.
Fortuna volle, però, che quel giorno – come era accaduto nel resto della sua vita – giunse sua moglie Sarah ad aiutarlo. I due si scambiarono un sorriso. Poi, lei – con mani ossute e pazienti e lo sguardo benevolo di chi stia accudendo un bambino di ottant’anni – lo aiutò a pettinarsi.
E lo aiutò a vestirsi, e a creare il nodo della cravatta, del quale Hermann non era mai riuscito a carpire il segreto. Un nodo così reale, concreto, e distante dal mondo che gli occhi di Hermann erano abituati ad esplorare.
Sarà intrecciò per lui il nodo delle sue scarpe, e lo abbracciò, come a fargli coraggio, rinsaldando quel nodo che li teneva legati da una vita.
Una vita che Hermann aveva vissuto da imbranato, nell’incapacità di sciogliere le più semplici questioni pratiche.
Poi suonarono alla porta di quella camera d’albergo. Erano venuti a prenderli. Di lì a poche ore, Hermann avrebbe ricevuto il Premio Nobel per la Matematica, per aver rivoluzionato la Teoria Topologica dei Nodi.
Gli unici nodi con i quali Hermann si sentisse a proprio agio quando, con lo sguardo azzurro e la mente assorta, li inseguiva lungo intrichi multidimensionali, come un bambino intento ad osservare – delle rondini nel cielo – il volo sinuoso, armonioso e, a suo modo, annodato.
Il nodo immaginato scritto da Federico Di Leva
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