Da sempre ai piedi dell’umanità
"Prima di giudicare un uomo cammina per tre lune nelle sue scarpe" recita un antico proverbio dei nativi americani. “Scarpe grosse, cervello fino” gli fa eco un proverbio nostrano. Mentre Luciana Litizzetto raccomanda: “Ma quali rose rosse, per conquistare le donne occorrono mazzi di scarpe!”
Comodità, valore simbolico e moda coesistono in questi accessori così preziosi (e spesso costosi). Ma quando sono nate le scarpe?
Per lungo tempo l’umanità camminò a piedi scalzi. Laetoli, una località situata 45 km a sud della gola di Olduvai in Tanzania, è un sito preistorico di grande importanza, per la scoperta di impronte fossili di ominidi bipedi. Sulla soffice cenere eruttata da un vulcano 3,7 milioni di anni camminarono lasciando le loro impronte delle creature appartenenti ad una razza che i paleontologi hanno denominata Australopithecus afarensis. La pioggia caduta subito dopo all'eruzione favorì la cementificazione della cenere, che nel tempo si è trasformata in uno strato di roccia tufacea.
Le tracce vanno tutte nella stessa direzione, spesso sovrapponendosi. È stato ipotizzato che facessero parte tutti della stesso gruppo famigliare.
Dalla lunghezza delle impronte e dalla distanza è stato possibile calcolare che si trattasse di due individui adulti e un piccolo. Si tratta delle prime tracce lasciate da una famiglia di nostri progenitori. E tutti camminavano a piedi nudi.
Scarpe sono però state trovate nelle tombe egiziane, conservate grazie al clima arido del deserto. Normalmente, infatti, essendo realizzate in materiale organico (pelle, tessuto, legno, ecc) normalmente nelle sepolture le calzature si dissolvono, lasciando solo raramente delle tracce.
In ogni caso nell’antico Egitto le persone generalmente giravano a piedi nudi. I ricchi si facevano accompagnare da un servo che trasportava i sandali che avrebbero indossato al momento di entrare in casa dei loro ospiti. Alla corte del Faraone esisteva addirittura un incarico specifico, quello di “porta-sandali del re”. Le donne in ogni caso, pare non portassero mai le scarpe.
In Egitto quanto meno non avevano il problema del freddo. In Europa le scarpe erano certamente più diffuse, soprattutto d’inverno, per prevenire il rischio di congelamento.
Una scoperta eccezionale ha consentito di ritrovare un esempio reale di scarpe in uso sulle montagne all’incirca 3300 anni prima di Cristo. Nel 1991 nell’alta Val Senales, fu rinvenuto un cadavere mummificato immerso nel ghiaccio. Le straordinarie condizioni ambientali hanno permesso la conservazione non solo dei tessuti molli del corpo, ma anche di buona parte del vestiario. Tra le altre cose c’erano anche dei resti che sono risultati essere delle vere scarpe, indossate da un antico montanaro.
Erano scarpe adatte ad affrontare il freddo della montagna.
La suola era in pelle d’orso, con il pelo rivolto all’interno. Sul bordo c’era una stringa di cuoio che teneva ferma una rete realizzata intrecciando corde realizzate con le fibra del tiglio. All’internoi della rete veniva messa della paglia secca per tenere caldo il piede (un sistema utilizzato in Russia durante la guerra dai soldati russi. Sopra la rete c’era una tomaia in pelle di lupo, cucita alla suola. Una stringa di pelle applicata di traverso sotto la suola permetteva un’ottima tenuta sul tereno di montagna. Qualche difficoltà c’era in caso di pioggia o neve, invece, perché non erano scarpe a tenuta impermeabile.
Del resto anche molte delle nostre scarpe, in caso di pioggia o neve, s’inzupperebbero d’acqua.
Effettivamente l’uomo del Similaun, come è chiamato (è esposto a Bolzano nel museo archeologico), morì tra la tarda primavera e l’inizio dell’estate. E il fatto che sia stato vittima di un omicidio (all’interno del corpo si trova una punta di freccia) fa supporre che il nevaio in cui venne trovato sia stato il suo ultimo rifugio, al termine di una disperata fuga.
"Prima di giudicare un uomo cammina per tre lune nelle sue scarpe" recita un antico proverbio dei nativi americani. “Scarpe grosse, cervello fino” gli fa eco un proverbio nostrano. Mentre Luciana Litizzetto raccomanda: “Ma quali rose rosse, per conquistare le donne occorrono mazzi di scarpe!”
Comodità, valore simbolico e moda coesistono in questi accessori così preziosi (e spesso costosi). Ma quando sono nate le scarpe?
Per lungo tempo l’umanità camminò a piedi scalzi. Laetoli, una località situata 45 km a sud della gola di Olduvai in Tanzania, è un sito preistorico di grande importanza, per la scoperta di impronte fossili di ominidi bipedi. Sulla soffice cenere eruttata da un vulcano 3,7 milioni di anni camminarono lasciando le loro impronte delle creature appartenenti ad una razza che i paleontologi hanno denominata Australopithecus afarensis. La pioggia caduta subito dopo all'eruzione favorì la cementificazione della cenere, che nel tempo si è trasformata in uno strato di roccia tufacea.
Le tracce vanno tutte nella stessa direzione, spesso sovrapponendosi. È stato ipotizzato che facessero parte tutti della stesso gruppo famigliare.
Dalla lunghezza delle impronte e dalla distanza è stato possibile calcolare che si trattasse di due individui adulti e un piccolo. Si tratta delle prime tracce lasciate da una famiglia di nostri progenitori. E tutti camminavano a piedi nudi.
Scarpe sono però state trovate nelle tombe egiziane, conservate grazie al clima arido del deserto. Normalmente, infatti, essendo realizzate in materiale organico (pelle, tessuto, legno, ecc) normalmente nelle sepolture le calzature si dissolvono, lasciando solo raramente delle tracce.
In ogni caso nell’antico Egitto le persone generalmente giravano a piedi nudi. I ricchi si facevano accompagnare da un servo che trasportava i sandali che avrebbero indossato al momento di entrare in casa dei loro ospiti. Alla corte del Faraone esisteva addirittura un incarico specifico, quello di “porta-sandali del re”. Le donne in ogni caso, pare non portassero mai le scarpe.
In Egitto quanto meno non avevano il problema del freddo. In Europa le scarpe erano certamente più diffuse, soprattutto d’inverno, per prevenire il rischio di congelamento.
Una scoperta eccezionale ha consentito di ritrovare un esempio reale di scarpe in uso sulle montagne all’incirca 3300 anni prima di Cristo. Nel 1991 nell’alta Val Senales, fu rinvenuto un cadavere mummificato immerso nel ghiaccio. Le straordinarie condizioni ambientali hanno permesso la conservazione non solo dei tessuti molli del corpo, ma anche di buona parte del vestiario. Tra le altre cose c’erano anche dei resti che sono risultati essere delle vere scarpe, indossate da un antico montanaro.
Erano scarpe adatte ad affrontare il freddo della montagna.
La suola era in pelle d’orso, con il pelo rivolto all’interno. Sul bordo c’era una stringa di cuoio che teneva ferma una rete realizzata intrecciando corde realizzate con le fibra del tiglio. All’internoi della rete veniva messa della paglia secca per tenere caldo il piede (un sistema utilizzato in Russia durante la guerra dai soldati russi. Sopra la rete c’era una tomaia in pelle di lupo, cucita alla suola. Una stringa di pelle applicata di traverso sotto la suola permetteva un’ottima tenuta sul tereno di montagna. Qualche difficoltà c’era in caso di pioggia o neve, invece, perché non erano scarpe a tenuta impermeabile.
Del resto anche molte delle nostre scarpe, in caso di pioggia o neve, s’inzupperebbero d’acqua.
Effettivamente l’uomo del Similaun, come è chiamato (è esposto a Bolzano nel museo archeologico), morì tra la tarda primavera e l’inizio dell’estate. E il fatto che sia stato vittima di un omicidio (all’interno del corpo si trova una punta di freccia) fa supporre che il nevaio in cui venne trovato sia stato il suo ultimo rifugio, al termine di una disperata fuga.
Scarpe scamosciate blu
Ci sono canzoni o libri che paiono essere scritti nel destino. E il destino bussò più volte alla porta di Carl Perkins. Carl Lee Perkins era nato a Tiptonville, Tennessee, il 9 aprile 1932, ma la famiglia si era trasferita subito nella Lake County, una zona di coltivazione di cotone. La famiglia di Carl era l’unica di bianchi in un paese abitato solo da neri. E quando Uncle John, gli regalò una chitarra insegnandogli i primi accordi Carl cominciò a suonare il blues rurale nero.
Il secondo appuntamento col destino avvenne alla fine del 1955, quando un amico gli parlò di un altro nero. Si trattava in questo caso del ricordo di un aviatore incontrato durante il servizio militare in Germania. Per fare dell’umorismo egli si riferiva alle sue scarpe regolamentari chiamandole le sue "scarpe di camoscio blu". L’amico propose a Perkins di scriverci sopra una canzone, ma il cantante rifiutò, dicendo “come posso scrivere una canzone su delle scarpe?”
Poche sere dopo, il 4 dicembre 1955 mentre stava suonando al Jackson club Perkins notò una coppia che stava ballando vicino al palco. Il ragazzo, un tipo coi capelli pieni di brillantina, continuava ad urlare ad alta voce alla sua dama: "Non calpestare le mie scamosciate!"
Perkins guardò dal palco e vide che il tizio indossava esattamente delle scarpe scamosciate di colore blu. Quella notte, colpito dal fatto che un tizio che aveva accanto una ragazza così carina non riuscisse a pensare ad altro che alle proprie scarpe, Perkins non riusciva a prendere sonno. Così si alzò e cominciò a scrivere la canzone. La mattina entrò in una cabina telefonica per cantarla via telefono a Sam Phillips, il geniale produttore della Sun che aveva già lanciato Elvis Presley, Roy Orbison, Jerry Lee Lewis, Johnny Cash.
La canzone uscì il 1 gennaio 1956. Due mesi dopo il pezzo era primo nelle classifiche rhythm’n’blues, in quelle country e in quelle pop, vendendo oltre un milione di dischi. Una cosa che non si era mai vista prima. La strada del successo sembrava trionfale, fino a che il destino non tornò a bussare, il 23 marzo 1956.
Quel giorno, poco dopo l’alba, mentre erano diretti in auto a New York per partecipare ad uno show televisivo Perkins e i suoi fratelli andarono a sbattere contro un autocarro carambolando dentro una pozza d’acqua. L’autista dell’autocarro morì nell’incidente, mentre i musicisti riportarono varie fratture. Perkins fu salvato dall’annegamento, ma rimase incosciente per un giorno intero. Quando rientrò dalla convalescenza, Perkins si convinse che il momento magico era già alla fine. Le altre sue canzoni non riuscivano a raggiungere il successo di quella straordinaria hit. Ne seguì una rapida discesa agli inferi per il musicista, con la bottiglia che lo trascinava sempre più a fondo.
Nel 1960 Elvis Presley incise una cover del pezzo, che aveva già interpretato in vari show televisivi fin dal 1956, contribuendo a farlo conoscere, riscuotendo un enorme successo e confermando la straordinaria potenza di questa canzone trascinante. Presley aveva deciso di incidere il brano anche per aiutare Perkins a risollevarsi grazie ai diritti che gli sarebbero spettati come autore.
Non fu però il denaro ad aiutare il musicista. Nel 1963 quattro ragazzi di Liverpool decisero di incidere alcuni brani scritti da Perkins che li avevano particolarmente ispirati nella loro formazione musicale. L’omaggio dei Beatles fece ritrovare a Perkins la voglia di suonare e scrivere. Continuò a farlo fino al 19 gennaio 1998, quando si spense per un cancro alla gola.
Elvis Presley l’aveva preceduto. Il 16 agosto 1977 era stato trovato morto nel bagno della sua villa a Graceland. Le cause della morte sono state a lungo al centro di ipotesi stravaganti e misteriose
Secondo alcuni Elvis in realtà non sarebbe morto, ma si sarebbe volontariamente allontanato dopo un’abile messa in scena. Ancora oggi decine di sedicenti ricercatori e associazioni elencano i numerosi possibili avvistamenti di Elvis, mentre circolano le teorie più inverosimili su di lui. Tra le più originali citiamo quelle che parlano di un suo inserimento nel programma di protezione dei testimoni da parte del FBI; di un suo ruolo nell’omicidio del presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy; e persino quella di un’origine aliena del cantante.
Blue Suede Shoes, Elvis Presley
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