lunedì 24 ottobre 2011

Racconto: Il Cravatta


Ci sono persone le cui abitudini agli occhi della gente sono come un marchio di fabbrica che li accompagna per tutta la vita. È un legame così stretto da segnarne perfino il destino. Proprio come capita al protagonista della storia che vi stiamo per raccontare.


In fabbrica lo chiamavamo Cravatta.
Si era diplomato in meccanica alla scuola professionale e arrivò come apprendista. Si mostrò subito serio e dotato, un fenomeno, e conquistò la fiducia di colleghi e superiori. In pochi anni, giovanissimo, divenne capo officina, ruolo qui da noi secondo per importanza solo a quello del presidente.
Non c'erano gelosie nei suoi confronti e non ci furono mai. Nessuno gli rinfacciò quella rapida carriera, e fu sempre benvoluto da tutti. Era davvero capace, e per questo aveva il rispetto di chi gli stava vicino, ed era anche simpatico, aveva un naturale carisma, non si dava arie e non faceva pesare la sua posizione.


Il primo giorno si era presentato con una cravatta annodata sotto il camice, cosa che nessun operaio si sognerebbe di fare e ogni giorno ne cambiava il modello.


In reparto si sentivano frasi del tipo “manda su il Cravatta con una chiave del venti” oppure “Cravatta, bisogna sostituire le guarnizioni della pressa”, e ancora “serve un intervento alle turbine, chiama il Cravatta” e il nomignolo rimase, anche quando divenne capo.
A lui piaceva, e amava quella striscia di stoffa. Ne possedeva una collezione infinita e conosceva origini, storia, caratteristiche, aneddoti. Non vi rinunciava in nessuna stagione, neppure quando gli capitava un lavoro sporco e si conciava di grasso da capo a piedi o quando il buon senso sconsigliava di avvicinarsi a certi macchinari con quell'accessorio. In verità, per lui non si trattava di un vezzo ma di un elemento essenziale della sua persona e non poteva farne a meno.


E come talvolta accade per gli amori tanto intensi, fu travolto dalla sua passione, fino alla rovina.
Quel pomeriggio, per l'ultima volta, mostrò la sua abilità di meccanico. Il motore in panne obbedì al suo tocco e ripartì, ma i rulli della stampatrice lo presero per quel lembo appeso al collo. Pochi metri più avanti la macchina restituì il macello di un corpo e, nel rispetto dell’uomo, un'elegante cravatta.


Il Cravatta di Oscar Taufer

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