lunedì 30 aprile 2012

Racconto: Taxi driver



Ci troveremo per le strade di una città come tante, nella storia che vi stiamo per raccontare, a bordo di un’auto guidata da una donna. Non sappiamo dove ci vorrà portare. Pertanto mettetevi comodi e seguite quanto abbiamo da dirvi.


Correva, su quelle strade sue di diritto dopo tutti i chilometri che vi aveva percorso.
Correva, sempre entro i limiti consentiti, il ticchettio del tassametro a ricordarle che il tempo scorre inesorabile e quel vetro, alle spalle, solido nel suo essere scudo tra lei e quel mondo del quale assecondava il volere.
Lo lasciava sempre leggermente abbassato: amava sentire il timbro naturale della voce dei suoi passeggeri, quasi quanto la infastidivano, invece, gli sguardi indiscreti che senza quel vetro oscurato le avrebbero lanciato.

Quella sera, però, l’uomo che salì per l’ultima corsa del giorno, stretto nel suo cappotto scuro, non le regalò neanche una parola.
Jessica aspettava indicazioni per partire, il tassametro batteva il ritmo già da un po’, ma l’uomo continuava a tacere.
Scocciata e a disagio, fece scattare il vetro per chiedere spiegazioni: occhi nocciola la fissavano nello specchietto retrovisore. Ebbe la netta sensazione di essere stata trapassata da lato a lato da quello sguardo e, quasi, ne soffrì. Si ripeteva sempre di non abbassare per nessuna ragione quel vetro, sua unica difesa. Sentì che gli occhi le bruciavano, ma non poté distoglierli.
Furono un foglio e la mano che glielo porse ad interrompere quel muto rapimento. Jessica, vedendovi scritto un indirizzo, lo afferrò, riazionò il vetro, ingranò la marcia e partì.
Sapeva bene che quella via era oltre la sua area di competenza e che il viaggio sarebbe costato uno sproposito a quell’uomo, che, probabilmente, non aveva neppure di che pagarla. Ma quello sguardo ancora la torturava, se lo sentiva addosso, sulla pelle.

Guidò come da molto non faceva, assumendosi molti più rischi di quelli propri della sua professione.
Giunta a destinazione, accostò.
Esausta, buttò lo sguardo oltre il finestrino: l’oceano la osservava.
Di nuovo il silenzio pervase l’abitacolo.
Jessica trasse un lungo respiro e abbassò ancora il vetro: quel gioco iniziava a piacerle.
L’uomo, però, non c’era più.
Capì, allora, che era stato solo il suo bisogno di abbassare una volta per tutte quello scudo che da sempre le nascondeva il mondo, a portarla fin lì.

Taxi driver
di Marta Rizzato

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