Stasera parlando del tempo ci consiglia un interessante volume di Stefano Benni: Saltatempo.
Siamo in un paesino dell’appennino tosco emiliano alla fine degli anni 50.
Il protagonista del libro è Lupetto, un ragazzino del paese. Una mattina, mentre scendeva dalla montagna per andare a scuola, incontrò un uomo alto come una nuvola, con una barba immensa, l’odore di un letamaio e un vecchio cane al fianco. Era una sorta di divinità pagana che fece dono a Lupetto di un regalo bellissimo: un orobilogio. L’orobilogio era una sorta di orologio interiore che avrebbe permesso al ragazzino, d’ora in avanti, di viaggiare nel tempo. Quando provava un’emozione particolarmente forte, l’orobilogio si metteva a ticchettare e il ragazzino veniva portato a vedere epoche future e passate. D’ora in poi Lupetto diventa per tutti Saltatempo e l’orobilogio, con i suoi giri vorticosi, gli prospetta il tempo che verrà: lo trasporta dalle guerre partigiane al sessantotto, gli fa vedere la nascita della televisione e del rock, gli rivelerà chi sarà il suo primo amore e quale sarà il suo primo amico perduto, il tutto sotto la profezia di un delitto che forse si compirà. Nel corso di mezzo secolo gli mostra l’Italia che verrà, e che è poi effettivamente diventata: l’Italia del consumismo che avanza, dei nuovi padroni, dei paesi che cambiano diventando anonimi svincoli autostradali.
Come dicevo l’inizio del libro è ambientato negli anni 50. Con rapide ed improvvise incursioni temporali Saltatempo riuscirà a vedere il futuro del suo paesino: l’idilliaco villaggio di montagna diverrà preda, negli anni 70, degli speculatori edilizi. Gli anni passano e Saltatempo diventa grande, dalle scuole medie passa al liceo. Si trasferisce in città dove vive il sessantotto.
I suoi colleghi studenti, attivi contestatori politici di quegli anni, prenderanno, nel futuro strade diverse. L’orobilogio ne da rapidi e divertentissimi flash: c’è chi sceglierà il potere rinnegando le sue convinzioni giovanili e chi invece rimarrà nel suo delirante mondo rivoluzionario al di fuori di ogni effettiva realtà politica e sociale.
Saltatempo diventa un apprendista rivoluzionario; frequenta l’ultimo anno di liceo e si innamora della ragazza che un tempo era la bambina con cui divideva i giochi dell’infanzia.
La campagna da cui proveniva, nel frattempo, si trasforma in seguito a drammatiche vicende: l’odiato sindaco del paesino, in accordo con alcuni speculatori edilizi, causerà un vero disastro ecologico: fiume e collina vengono scavati per far posto a villette e centri congressi.
Il dissesto idrogeologico causato dagli scavi provocherà una frana con decine di morti.
Quella che un tempo era un’oasi di serenità viene inoltre devastata da altri flagelli: la droga e l’usura. L’ultima parte del romanzo vede con dolore alcuni squarci dell’attuale presente: il potere di addormentare ogni ribellione con l’uso attento e spregiudicato della televisione, la corruzione e il malaffare politico: il padre di Saltatempo aveva annotato i nomi degli speculatori che avevano causato la frana ma il tutto viene insabbiato dai politici.
Il libro si chiude in maniera triste, con la morte per droga del miglior amico del protagonista e con la strage di piazza Fontana, evento questo, secondo Benni, che rappresenta lo spartiacque tra due epoche: quello della contestazione e quello del consumismo dilagante.
Nonostante i temi trattati e un finale non certo lieto il libro è comunque permeato da una notevole vena comica e surreale che rende alcuni passaggi veramente divertentissimi.
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