sabato 18 ottobre 2008
I Menestrelli raccontano Taghelmust
Ecco come Federico Di Leva, de I menestrelli di Jorvik ha interpretato "Gli occhi", il tema della serata.
Si chiamava Taghelmust, ed era un panno color della notte.
Si chiamava Taghelmust, ed era il velo che nascondeva i capelli ed il volto dei Tuareg.
Aveva un'unica apertura – simile ad una ferita – che consentiva agli occhi di guardar fuori, e di spaziare, lungo l'orizzonte ondulato Sahara.
I Tuareg – che per il resto del mondo erano barbari senza niente – erano invece molto più ricchi di altri popoli...
Ed il loro mondo era meno arido di quanto potesse apparire.
Avevano storie di amicizia e di avventura conservate nella memoria degli anziani narratori. Avevano amori passionali, consumati nell'alcova provvisoria di una capanna mobile. Avevano la guerra nel loro passato, e la fierezza della solitudine nel loro presente.
Eppure, anche per loro, sul finire degli anni '60, giunse il progresso.
Qualcuno – nel mondo delle città ricche e del progresso facile – sostenne che sotto la sabbia si nascondesse uno strano metallo, denominato uranio.
Ed ecco che il deserto fu invaso da scavatrici e cercatori, da ruspe e camion, da vecchi imprenditori e moderni conquistadores.
Dovettero persino subire, i Tuareg, l'avvento della strada asfaltata, e della sua immobile banalità di catrame. Una strada così diversa da quelle che un tempo loro tracciavano (tra il cielo e lo sguardo, tra la sabbia ed i sogni) con la sola forza degli occhi...
Si chiama Taghelmust il velo che tutt'oggi i Tuareg portano sul volto, e che lascia scoperti solo gli occhi. Ma, se potessero, i Tuareg nasconderebbero anche quelli, per non dover vedere il loro mondo che muore, schiacciato dal nostro...
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