Canto notturno di Giacomo Leopardi.
Di Mario Favini.In questa notte di San Valentino, Silvia, ripenso a te.
Che poi ripenso a te tutte le notti e tutti i giorni, a dir la verità. Anche adesso che sono sottoterra da più di centocinquant’anni, Silvia, ebbene sì, il mio spiritello malaticcio pensa a te. Non t’ho mai chiesto molto, e lo sai bene. È solo che… sai com’è… a star sempre chiuso in quella biblioteca a un ragazzo a un certo punto vengono certe idee, certe voglie… Mica si può sempre star lì con le mani in mano a pensare all’Infinito, insomma, la Natura deve fare il suo corso… Son sempre stato solo come un passero solitario, Silvia, t’ho sempre bramata e tu non mi hai mai concesso più di un saluto. Stavo lì tutto il giorno a guardarti dalla finestra e tu al massimo mi salutavi, quasi convinta di farmi un piacere… Bella roba, Silvia, complimenti! Un po’ di carità cristiana no, vero? Non ti facevo neanche un po’ pena? Ok, lo so, hai ragione, ero un tipo strano, tutto sciancato, avevo la tisi e puzzavo però, diamine, un bacio, un solo bacio avresti potuto concedermelo… Sai quanto avrebbe cambiato la mia vita solitaria, il pensiero di quel bacio, e quanto avrebbe giovato… come dire… ai miei momenti di solitaria intimità?
E invece Silvia, infamissima Silvia, quel bacio non me l’hai mai dato, così sto qui da centocinquant’anni a ripensarti, stizzito e incollerito, e non posso neanche dire che mi rigiro nella tomba, che con la gobba che mi ritrovo non ce la faccio!
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