sabato 15 novembre 2008

I Menestrelli e..."L'ultimo volo".

“Ci sono uomini che con le loro invenzioni hanno cambiato il nostro modo di vivere. Altri, quello di sognare.” Così la Gazzetta dello sport aveva reso omaggio, il giorno dopo la sua morte, ad un uomo innamorato del volo: Patrick de Gayardon.
Inventò una tuta alare che gli permetteva di “planare” sul vento, aumentando il tempo di permanenza in volo. Fu proprio in uno di questi esperimenti che purtroppo ci fu un problema all’apertura del paracadute e per lui non vi fu scampo.

I Menestrelli di Jorvik sono un collettivo di giovani letterati che ogni volta collaborano con noi in trasmissione portando un avvenimento storico e guardandolo con gli occhi e la sensibilità di uno scrittore. 
Stasera è volare il tema della trasmissione e ad Alice di Leva è piaciuto immaginare l’ultimo volo di Patrick de Gayardon.

L’ULTIMO VOLO

Quella nuvola lì, sulla sinistra, sembra tanto una mela, perfettamente tonda, lucida, di un’eterea croccantezza.
Laggiù invece, verso Nord... laggiù c’è il viso della nonna, con gli occhi pieni di lacrime, come se già sapesse, come se avesse sempre saputo.
È la sensazione di un tuffo in mare, il mare della Provenza. Cado nel vento come cadevo dalla barca del nonno. Con gli occhi verso il cielo, che ancora non mi aveva catturato, che ancora non mi aveva fatto amare come non avevo amato mai: con la carne e con l’anima, con lo stomaco e con ogni fibra del mio corpo.
Con tutto, ma non con la mente; quella non l’aveva voluta mai, almeno non quando ero lì con lui, almeno non in quei pochi, fragili minuti di follia.

La mia mano continua a tirare il sottile laccetto che dovrebbe far scattare il meccanismo del paracadute. È un gesto istintivo, meccanico, ormai... l’ho fatto mille volte. Significava tornare alla normalità, significava che il gioco era finito, significava che ero un uomo, come tutti gli altri. E oggi lo sono ancora di più, perché mentre la mano trema e stringe la cordicella, penso a quello che per molti la mia vita ha significato: “vivi senza limiti”.
Ed è a dieci metri dal suolo che capisco di aver vissuto portando il più grosso dei limiti nel cuore: l’essere uomo, e il morire cercando di abbandonare nel vento la mia goffa e pesante umanità.

Così, il 13 aprile del 1998, alle Hawaii,
perse le ali Patrick de Gayardon.


Alice Di Leva
10 novembre 2008


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