Il nostro autore Mario Favini immagina il risvolto intimo e personale di un fatto di grande rilevanza storica. Quando amore, stima, potere e ricchezza vengono meno non resta che pensare ad un triste epilogo...
L’ultima lettera
di Mario Favini
Quando leggerete questa mia lettera d’addio, sublime Imperatore, sarò già morta.
Un tempo la Fortuna m’era amica: ero la più nobile delle regine, e la più bella. Avevo regni e palazzi, servi e gioielli. Amata e temuta dal mio popolo, non v’era sovrano al mondo più felice di me. Avevo l’Amore, l’Amore smisurato del mio amato Marco Antonio, capace di abbandonare il proprio esercito e di rovinare in battaglia, pur di restare al mio fianco, al fianco di una femmina vile ed impaurita. Ora, magnifico Imperatore, ho capito quanto avevate ragione. Non è stata la Fortuna a voltarmi le spalle, ma il Destino a prendere voi per mano, a consegnarvi il mio regno e le mie ricchezze. Ora ho capito quanto sia grande la vostra Roma, ho compreso quanto sia inutile tentare di resistere al potere che gli Dei vi hanno consegnato.
Eppure, sommo Imperatore, non m’arrenderò a questo Fato crudele. Ho perso il mio regno, ma non striscerò ai vostri piedi come una schiava. Olimpio, il mio fido servitore, ha pensato ad ogni cosa, e l’aspide è impaziente di saggiare la carne delle mie candide braccia.
Non vi seguirò, supremo Imperatore, non mi porterete in trionfo, non mi vedrete sconfitta.
Avete vinto l’Egitto, Ottaviano.
Non vincerete Cleopatra.
di Mario Favini
Quando leggerete questa mia lettera d’addio, sublime Imperatore, sarò già morta.
Un tempo la Fortuna m’era amica: ero la più nobile delle regine, e la più bella. Avevo regni e palazzi, servi e gioielli. Amata e temuta dal mio popolo, non v’era sovrano al mondo più felice di me. Avevo l’Amore, l’Amore smisurato del mio amato Marco Antonio, capace di abbandonare il proprio esercito e di rovinare in battaglia, pur di restare al mio fianco, al fianco di una femmina vile ed impaurita. Ora, magnifico Imperatore, ho capito quanto avevate ragione. Non è stata la Fortuna a voltarmi le spalle, ma il Destino a prendere voi per mano, a consegnarvi il mio regno e le mie ricchezze. Ora ho capito quanto sia grande la vostra Roma, ho compreso quanto sia inutile tentare di resistere al potere che gli Dei vi hanno consegnato.
Eppure, sommo Imperatore, non m’arrenderò a questo Fato crudele. Ho perso il mio regno, ma non striscerò ai vostri piedi come una schiava. Olimpio, il mio fido servitore, ha pensato ad ogni cosa, e l’aspide è impaziente di saggiare la carne delle mie candide braccia.
Non vi seguirò, supremo Imperatore, non mi porterete in trionfo, non mi vedrete sconfitta.
Avete vinto l’Egitto, Ottaviano.
Non vincerete Cleopatra.
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