Ci siamo svegliati ed è tutto scomparso, sparito.
Le case, le piazze, le vie sono strette in un nodo vertiginoso, così ammassate tra loro e accavallate tra rocce e pezzi delle nostre cose.
“Cos’è successo?” ho chiesto appena sveglio a Marcello, che restava stretto in uno sguardo perso al di fuori della finestra.
“Non c’è più nulla”, mi ha detto senza voltarsi, senza guardarmi. Era li, immobile come le pietre che si specchiavano nel vetro della finestra.
Gli chiedo ancora “Possibile che nessuno si sia accorto di nulla? Siamo rimasti addormentati e nessuno ha gridato, ha pianto, ha avuto paura?”.
Marcello si volta, con le spalle inclinate e che per questo parevano aver subito il peso del torto che rimaneva così, bloccato al di fuori di ciò che ancora avevamo di noi.
“Tutti abbiamo sentito, ma il sonno è stato una maschera, che ci ha vestiti e preparati al domani, che è già oggi”.
Si, il sonno, il nostro sonno ed il nostro sognare, che vanno al di là della realtà dura che ora ci si snoda davanti. Ogni cosa che guardi è sabbia, polvere e terra; ogni cosa che senti è smarrimento, fuga, incertezza. Sono crollate le case e con loro il nostro ieri, con loro i ricordi del bello e dell’eleganza che mascheravano questa città.
“Ho pianto” mi dice Marcello abbracciandomi.
Gli poso la mia mano dietro la schiena e lo accarezzo; non posso che piangere anch’io, non posso che rattristarmi mentre incollato a lui osservo al di fuori della finestra.
Una donna passa per la strada, con un secchio di detriti. Quale speranza è già attiva? Quale forza è già in movimento? Lo sento, noi non siamo sconfitti, non ci arrendiamo a questa tragedia e vogliamo che la luce si riaccenda.
Guardo Marcello negli occhi, gli carezzo i ricci... “Vestiti e andiamo” gli dico.
Usciamo di casa e ci sentiamo miracolati e per questo un poco a disagio; fuori è tutto pianto, tutto è sceso dall’alto, si è scollato, è precipitato, ma noi no.
Perché noi no? Chi ha deciso per noi?
La gente si muove, ma l’anima e la coscienza sono di ghiaccio sotto questa nuova giornata di sole. La gente si parla, ma vive un mutismo immobile e solitario in questa nuova giornata di sole.
Domani sarà un altro giorno, ancora una volta, ma non per tutti.
Io e Marcello ora ci amiamo un po’ di più e insieme attraversiamo questa grotta, una scura galleria dove domani non sapremo quale sole riuscirà ancora a scaldarci.
Qui la gente ha perso tutto.
Chiusi qui dentro camminiamo anche per loro e per la vita che si è spenta, smantellata e demolita all’improvviso, tra le mani surreali e misteriose della natura.
Per questo mi chiedo se ancora bisogna trattare dell’ineluttabilità dei momenti del destino.
Inspiro la polvere e continuo a camminare a fianco di Marcello; ci stringiamo le mani e ci facciamo coraggio, perché davanti a noi non c’è nulla; il vuoto, il buio e solo questa galleria sterrata che è la nostra nuova casa.
Ma il Domani verrà e stringerà le nostre mani alle sue, illuminando ancora i nostri volti ed il nostro cammino. Questa è la realtà tutta nuova, la vita che è già pronta per noi.
“Mi ami?” chiedo a Marcello fermando il passo e stringendogli un po’ di più la mano.
Lui si ferma, mi guarda e socchiudendo gli occhi mi bacia.
Questa è la nostra luce, la nostra certezza… che tanto, in questa galleria buia, altro non verrà.
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