domenica 24 gennaio 2010

Sulle tracce del pensiero


“Quando l’Uomo cominciò a pensare?”
Questa è la domanda che si pongono i paleontologi che indagano le origini della specie umana.
Con il termine “pensare” non indicano la capacità di fare delle scelte o provare emozioni, capacità che anche le altre specie animali, seppur in maniera diversa, possiedono. Intendono piuttosto una capacità particolare del nostro cervello, che è quella di concepire delle astrazioni. Se io scrivo CASA, UOMO o DONNA, ciascuno di voi comprenderà immediatamente ciò che intendo, perché nella sua mente i concetti CASA, UOMO o DONNA definiscono un “modello ideale”, astratto, appunto.
In altri termini, se scrivo CASA ciascuno di voi immaginerà qualcosa che non è né la casa di Giuseppe, né la casa di Maria e nemmeno la vostra o la mia. Se scrivo UOMO non penserete a Giuseppe, né a Fabio o Fulvio, ma a un’idea che li riunisce tutti. Allo stesso modo se scrivo DONNA, non penserete a Maria, Gabriella o Viola, ma ad un’immagine che le riassume e le comprende.
Solo se scriverò CASA DI MARIO, o CASA DI MARIA, comincerete a pensare a qualcosa di concreto, che avete sperimentato e conosciuto. Oppure vi comincerete a chiedere come potrà mai essere la casa di questo Giuseppe o di questa Maria che non conoscete e che conosco io.
L’importanza del pensiero astratto è evidente. È grazie ad esso che noi umani possiamo trasmettere, attraverso il linguaggio, orale o scritto, dei concetti. Voi potete leggere ciò che vado scrivendo solo grazie a questa facoltà del nostro cervello, che permette a me di trasformare delle idee in parole scritte e a voi di decodificale e trasformarle nuovamente in idee. Certamente, in molti casi la comunicazione può essere disturbata o fraintesa e gli equivoci, lo sapete bene, non mancano nelle conversazioni. Tuttavia, in linea di massima il sistema funziona bene. Se poi pensate alla matematica o alla geometria vi renderete conto di come queste discipline facciano dell’astrazione la loro essenza.
Il problema, per i paleontologi, è che i pensieri non lasciano tracce fossili. A differenza delle ossa –che in certe condizioni, assorbendo minerali dal terreno in cui si trovano, si trasformano lentamente in una sorta di pietra, i fossili appunto – prima dell’invenzione della scrittura tutte le parole uscite dalle bocche dell’umanità sono svanite nel vento. E poiché la scrittura fu inventata circa seimila anni fa, mentre la specie umana ha almeno duecentomila anni e i suoi antenati più arcaici cominciarono a svilupparsi quattro milioni di anni fa, capirete bene quanto si sia perso.
C’è da dire, però, che se le parole non lasciano traccia, i pensieri spesso lo fanno. Circa centomila anni fa, in Africa, qualcuno si mise a pitturare delle pareti di roccia, raffigurando scene di animali e uomini. Per noi è difficile capire cosa vogliano dire, con esattezza. Erano forse le gesta di un antenato o di un grande cacciatore della tribù o dello stesso autore del disegno. Poteva trattarsi di una sorta di preghiera per invocare – a quei tempi nessuno coltivava la terra o allevava gli animali e si mangiavano solo la carne degli animali selvatici e i frutti spontanei delle piante – una caccia propizia. Non lo sappiamo e forse non lo sapremo mai. Quello che possiamo dire è che non è possibile disegnare un uomo o di un animale se non si ha il concetto astratto di uomo o di animale in testa. Il disegno stilizzato serviva a raccontare qualcosa ad altri uomini che guardavano quella scena.
Allo stesso modo, gli uomini che circa 35.000 anni fa salirono dall’Africa per popolare l’Europa – i nostri antenati africani, insomma – intagliavano nell’osso e nella pietra piccole sculture raffiguranti immagini femminili. Sono le prime raffigurazioni dell’eterno femminino e gli studiosi le chiamano “Veneri paleolitiche” – Paleolitico (Antica Età della Pietra) è il nome che designa quell’epoca – interpretandole come immagini di Dee Madri, divinità della fertilità e della Vita.
In una grotta in Germania, poco distante da una di queste “Veneri”, ricercatori dell’Università di Tubinga hanno rinvenuto un osso di avvoltoio che era stato opportunamente lavorato, 35 mila anni fa, per ricavarne un flauto.

Oltre che artisti e narratori, insomma, i nostri antenati amavano già anche la musica ed erano in grado di produrla.
L’arte è la prima testimonianza di questa capacità di immaginare concetti astratti, caratteristica della nostra specie. Ed è un prodotto, per noi come per i nostri antenati, che non ha alcun uso pratico. Le nostre dispense non saranno più piene e le nostre dimore più calde grazie all’arte. Gli esseri umani producono arte semplicemente perché provano piacere e sono più felici nel farlo.
Certo, molte cose sono cambiate. I nostri antenati si radunavano attorno ai fuochi nelle caverne per produrre arte, suonare e cantare. Noi oggi ci troviamo, ad esempio, nello studio di una radio, ascoltabile in ogni parte del mondo grazie ad una connessione ad una rete di cavi ed etere in cui fluiscono impulsi elettrici e informazioni matematiche, che possono essere decodificare da una macchina in grado trasmetterci, per mezzo di monitor o radio, questa felicità antica.
Questo, credo che ne conveniate con me, è davvero un pensiero stupendo.

5 commenti:

Vele Ivy ha detto...

Sì, lo è :)
In effetti è bello vedere come negli anni l'uomo abbia provato a "concretizzare" il proprio pensiero. L'ha sempre fatto e non smetterà mai di farlo. E' un'esigenza innata il bisogno di esprimersi, che spesso produce risultati (artistici, poetici lettterari, ecc) che ci rendono più felici e appagati.

Felinità ha detto...

Essere consapevoli che in qualunque età e luogo l'umanità ha portato con se la voglia di esprimersi, di comunicare, di sorridere all'altro, di fare. Sapere che malgrado i secoli ci sono molteplici èunti di contatto che fanno da fil rouge ..... miao

Alfa ha detto...

L'arte sovente non da il pane, ma rende sempre la tavola allegra.

Pupottina ha detto...

è una fortuna che lo abbia fatto ... la comunicazione come il confronto hanno permesso lo sviluppo della civiltà...

Pupottina ha detto...

belle queste tue risposte da vecchio saggio