sabato 3 aprile 2010

Mattone dopo Mattone


“Molte donne si chiedono: metter al mondo un figlio, perché? Perché abbia fame, perché abbia freddo, perché venga tradito ed offeso, perché muoia ammazzato alla guerra o da una malattia? E negano la speranza che la sua fame sia saziata, che il suo freddo sia scaldato, che la fedeltà e il rispetto gli siano amici, che viva a lungo per tentar di cancellare le malattie e la guerra.” tratto da Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci


Quando me lo disse non ci volevo credere. Pensavo solo alle vacanze imminenti, al nostro nuovo amore, alla voglia di scoprire e di scoprirsi. I suoi occhi brillanti mi avevano stregato dal momento in cui avevo posato il mio sguardo su di lei, appena un mese prima. Mi dava forza e mi trasmetteva coraggio, stavo affrontando un periodo difficile della mia carriera professionale…avevo bisogno di lei.
«E se a Barcellona fossimo in tre invece che solo noi due?» Me lo disse con una lieve flessione delle labbra, non saprei dire se si trattava di un sorriso, poteva sì, essere uno scorcio di sorriso nascosto.
Non l’ho mai più rivisto.
I giorni a seguire, restavo spesso in silenzio al telefono. Mentre quando ci vedevamo erano amore e coccole a tutto spiano…come se non volessimo affrontare l’argomento. Solo una volta ci siamo guardati negli occhi, sul pontile, seduti gambe incrociate l’uno davanti all’altra. Le ho detto qualche parola. Non sono pronto. E’ troppo presto. E poi il nuovo lavoro…io sono qua, e tu sei là. Credo che ogni mia frase per lei fosse un mattone…e con quei mattoni ha costruito un muro, il suo personale muro del silenzio.
L’ultima volta che abbiamo fatto l’amore, le ho chiesto se dovevo usare il preservativo, ora sapevo che non prendeva la pillola…Lei mi ha guardato con commiserazione, e poi è scoppiata a piangere.
Un giorno ho rubato dal suo diario stracci di parole: “La scelta è mia, soltanto mia…me l’ha detto l’assistente, prima di chiudere la mia pratica e passare ad un’altra. Questa è la mia libertà. Sono una persona orribile…orribile e libera”. Ora capisco la sua immensa solitudine…so che ha chiesto aiuto a qualcuno. Ma era di me che aveva bisogno. Dietro i suoi silenzi c’era una sofferenza profonda, l’ho vista ma ho fatto finta di niente. Anche mentre mi diceva: «Vorrei tanto che domani tu fossi con me».
Quel giorno io non c’ero ma lei non era sola quando è entrata in quell’ospedale...c’era nostro figlio con lei.
Ora non c’è più. Quell’ultimo mattone ha chiuso nel silenzio il suo cuore di mamma che ha rinunciato a suo figlio…per sempre. Come me.

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