domenica 19 dicembre 2010

Racconto: Alaska

C’è emigrante italiano che nel 1888 arriva in Alaska a cercare oro. Vive anni di stenti, senza fortuna, percorrendo i territori del nord. Fino a che, nel luglio del 1902, un fortunato incontro gli cambierà la vita.
Questa è la storia di Felice Pedroni, l’uomo che ha fondato la città di Fairbanks.


Felice guarda in alto gli scampoli di cielo ritagliati tra i fitti rami delle conifere.
Il suo nome non gli appartiene, anzi, gli sembra proprio uno scherzo del destino. Felice.
Non lo è più da tanto, troppo tempo.
La foresta intorno gli sembra infinita, eterna, una trappola vastissima e ingannevole di libertà.
Chiude gli occhi e li stringe forte, fortissimo, per richiamare alla mente scampoli di cielo ritagliati tra i castagni dell’Appennino, quando era Felice, davvero.
Ma l’Appennino è lontano ottomila chilometri, e quel ragazzo che si chiamava Felice sembra un disegno di ottomila anni fa.
Felix, è così che si chiama adesso, e va molto meglio perché è solo un’assonanza, un nome che non ha un significato.
Inseguendo un sogno di libertà e ricchezza è arrivato fin qui, dove la notte sa essere eterna e gelida, e bellissima come l’aurora boreale che accende il cielo di fiamme verdi per quattro mesi l’anno.
E dove l’autunno colora di rosso gli aceri e trasforma in bagliori d’oro gli aghi delle conifere.
Bagliori d’oro che Felix insegue nei freddi fiumi di questa sua trappola che chiamano Alaska.
Che cerca tra le rocce spaccate e la sabbia, lontano da tutto e da tutti, scambiando qualche sguardo e un po’ di cibo solo con gli Indiani, che gli sono amici, non come con gli altri bianchi.
Ma lui ha ucciso un orso, e ha usato le zampe per farsi delle scarpe.
Un altro inverno è passato, e Felix non ha trovato il suo oro. Ha inseguito gli arcobaleni, a nord, a sud, correndo nelle sue zampe d’orso, inutilmente, dietro a un sogno, a un’illusione.
E adesso pensa di rimanere così, sdraiato in mezzo a un luglio troppo caldo, a guardare scampoli di cielo fino alla morte, immerso nel ricordo di quando era Felice, ottomila chilometri e ottomila anni fa.

Sente il trottare di un alce. È una femmina, che si ferma a ruminare a pochi passi dal suo naso.
Riesce a vederne le zampe, e il respiro si ferma.  Non crede ai suoi occhi: l’alce ha pagliuzze d’oro sul pelo degli zoccoli. Si alza lentamente, l’animale corre via.
Anche Felix corre, nelle sue zampe d’orso, veloce, veloce, verso la fine dell’arcobaleno.



Alaska scritto da Rossana Girotto



Nessun commento: