sabato 14 maggio 2011

Magiche scatole nella bottega del mistero



Una sorpresa spumeggiante dove meno te l’aspetti

Immaginate una scatola dove sia possibile collocare degli oggetti e far loro superare il trascorrere del tempo. Immaginate di riaprire dopo millenni una di queste scatole e trovare, coperti dalla polvere accumulatasi nei secoli, oggetti che raccontano la storia di una persona, di una famiglia o di un popolo.
Non stiamo parlando di una magica macchina del tempo. Parliamo, anche se a molti di voi parrà strano (e alcuni staranno facendo gli scongiuri), di tombe. Ma per gli archeologi esse sono straordinarie occasioni per aprire uno squarcio sugli usi i costumi e la vita materiale di persone vissute centinaia o  migliaia di anni fa.

Sono famose, ad esempio, le scoperte effettuate in Egitto, che hanno restituito oggetti preziosi, immagini e storie della vita di quelle epoche lontane.
Quello che più importante, per gli archeologi, non è però la presenza di tesori, ma la possibilità di studiare preziose testimonianze storiche. Nel caso dell’Egitto  il clima caldo e secco del deserto favorisce la conservazione di molti materiali, costruiti in materiali organici (legno, pelle, ecc.), che normalmente non si sarebbero conservati. Oltre a indumenti e arredi, in molte tombe sono state rivenute addirittura offerte di cibo, come pane, frutta ecc.

Non solo il caldo secco consente di preservare gli oggetti in queste scatole del tempo consegnate all’eternità. In certe zone del mondo è il ghiaccio a consentire la conservazione.
Nella steppa siberiana, nel I millennio prima di Cristo, viveva un misterioso popolo di cavalieri che per i propri sovrani scavava grandi tombe squadrate, che poi ricopriva con grandi tumuli funerari. L’acqua che filtrava dal terreno, unita alle rigide temperatore siberiane, nei secoli ha riempito queste grandi camere di ghiaccio. Ibernandone fino ai nostri tempi il contenuto.

Scoperte importanti sono state fatte anche dalle nostre parti, in ogni caso. Ritrovamenti che hanno rivoluzionato, ad esempio, la nostra conoscenza di una bevanda che consumiamo comunemente ancora ai nostri giorni.
Una decina di anni fa, a Pombia, vennero esposti i risultati degli scavi di una necropoli dell’età del ferro, datata attorno al 550 a.C. Tra gli oggetti rinvenuti c’era un vaso di terracotta, che conteneva le ceneri del defunto, coperta da una ciotola che funzionava da coperchio. Incredibilmente, questa “scatola” era rimasta ermeticamente chiusa e la terra, contrariamente a quanto avviene normalmente, non era penetrata dentro l’urna.

Quello che incuriosì gli archeologi fu il fatto che sulle ceneri del defunto si trovava un bicchiere di ceramica. È un fatto abbastanza comune per le sepolture di quell’epoca, ma quella volta essi notarono un misterioso deposito sul fondo del bicchiere. Incuriositi lo fecero analizzare e ciò che scoprirono cambiò per sempre la nostra conoscenza di una comune bevanda.
L’analisi di quella “crosta” organica del peso di circa un grammo, incredibilmente conservata, fornì un responso inequivocabile. Il bicchiere aveva contenuto una sostanza liquida a base di un fermentato di cereali (in particolare orzo) con tracce di luppolo. Era stata scoperta, insomma, la più antica birra con luppolo d’Europa, smentendo clamorosamente una convinzione radicata che faceva risalire ai monaci medievali l’introduzione del luppolo nella fabbricazione della birra.




La scatola musicale e le criminose filastrocche per bambini

Nell'aprile del 1972 cinque giovani musicisti inglesi praticamente sconosciuti in Italia arrivarono nella cittadina di Feltre, in provincia di Belluno, su uno scassatissimo furgone Volkswagen. Si esibirono su un palco realizzato con tavole di legno e riparato da fogli di cellophane, davanti a circa duecento persone.
Ad un certo punto uno dei cinque, truccato e con la testa rasata, cominciò a sbattere con forza l'asta del microfono sulla rete che separava i musicisti dai ragazzi che assistevano, spaventandone parecchi. La canzone era intitolata "The musical box", il cantante si chiamava Peter Gabriel, la band era quella dei Genesis e quello era solo l’inizio di una carriera straordinaria che continua tuttora.

Il brano è contenuto nel terzo album dei Genesis, il primo inciso nella formazione storica, e segnò la consacrazione definitiva dei Genesis in Europa.
Il titolo di questo concept album è “Nursery Cryme” allude alle filastrocche inglesi per bambini (“nursery rhymes”), aggiungendo una “c” iniziale che rimanda invece alla parola “crime” (crimine).

Non a caso il testo della canzone "The musical box", che apre l’album, è incentrato su una storia dal sapore vittoriano, in cui una bambina che gioca a  croquet decapita “con grazia" un amichetto.
È una storia misteriosa che sfiora i temi della morte, della reincarnazione e dell'amore sensuale, in cui un fantasma appare e scompare grazie ad una musical box, un prezioso carillon da cui escono le note di Old King Cole, un’antica filastrocca per bambini.

I Genesis, band costituitisi nel 1969 e tuttora attiva, seppure con vari cambiamenti di organico, furono negli anni settanta tra i principali esponenti del rock progressivo, assieme a gruppi che hanno fatto la storia della musica.
Parliamo di gruppi come Yes, King Crimson, Emerson, Lake & Palmer, Jethro Tull, solo per citare alcuni di quelli che ebbero grande influenza su moltissimi cantanti e band dell’epoca. Nonostante la complessità della musica e la lunghezza delle canzoni in quegli anni il “progressive rock” riempiva infatti gli stadi riscuotendo successi di critica e di pubblico. Per molti aspetti richiama la musica classica, pur essendo suonato con gli strumenti tipici del rock.

La formazione dei Genesis non solo ha subito numerose variazioni negli anni. Una carriera che ha visto anche pause di riflessione, abbandoni e ritorni. Dalla “scatola magica” dei Genesis sono usciti personaggi del calibro di Peter Gabriel, Steve Hackett, Mike Rutherford e Phil Collins che in momenti diversi hanno iniziato importanti carriere solistiche, divergenti o parallele da quelle della band.
Una carriera veramente monumentale, con pezzi che meriterebbero di essere minutamente analizzati per la ricchezza degli elementi che contengono, sia dal punto di vista musicale che dei riferimenti culturali. Nel 1986, dopo una pausa di riflessione durata tre anni, i Genesis tornarono con l’album “Invisible touch”, che concludeva con successo la mutazione verso un genere musicale più legato ai tempi.

Genesis, "Land of confusion"

La foto di apertura è una cortesia di ELE, che non ha rotto alcuna scatola nel realizzarla...

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