lunedì 16 maggio 2011

Racconto: Il popolo dentro la scatola

La storia che vi stiamo per raccontare è ambientata in un luogo che mi vien difficile spiegarvi dove viveva della gente di cui poco ancora sappiamo. Se la cosa un po’ v’incuriosisce allora seguiteci, stiamo per incontrare un popolo prigioniero di una curiosa ossessione.


La spedizione si era rivelata un vero successo.
Gli scavi – effettuati sul lieve promontorio erboso che faceva da preludio ad un terreno pianeggiante e sabbioso, e poi al mare – avevano riportato alla luce alcuni resti di una civiltà assai antica, ed ancora avvolta nel mistero.
All’interno di quelle che noi reputammo essere antiche abitazioni  avevamo ritrovato degli splendidi artefatti, dalle forme assai curiose.
Erano, per la maggior parte, scatole, scrigni, portagioie...
Chiaro segno del fatto che i nostri sospetti erano fondati: quelli erano indizi dell’esistenza di un popolo ossessionato dai contenitori.
Li chiamammo gli Scatolii.
Per gli abitanti di questa Civiltà ormai perduta, ogni cosa era comprensibile soltanto se interpretata al suo essere “scatola” di qualcos’altro.
“Scatola di tutte le cose” era il nome che loro davano all’Universo. “Dar fuori di scatola” era il loro modo di dire “uscire di testa” e, dunque, ammattite. Mentre “Scatole di vita” erano detti gli animali, per via del loro essere fonte di cibo per le persone ma, anche, per il loro essere portatori di quella scintilla che distingueva i minerali dagli uccelli, i metalli dai mammiferi, e le gemme preziose dagli insetti brulicanti e colorati.
Proprio “Scatola della scintilla” era il loro modo di chiamare il cervello o, a volte, il cuore.
All’origine di questa imprecisione del linguaggio stava il fatto che, all’epoca, non era ancora chiaro se il pensiero risiedesse nella testa, o nel rintoccante muscolo cardiaco.
Per diverso tempo questo argomento fu causa di molte diatribe, e costituì un mistero difficile da svelare. Mistero che, nella lingua di questo antico popolo, aveva il nome di tutti gli altri misteri: “Scatola che non si apre”. Definizione, questa, che aveva dato origine al termine “Apriscatole”, con il quale erano designati indistintamente gli alchimisti ed i filosofi.
Soltanto gli scrittori in questa antica società non avevano un posto d’onore ma, anzi, erano assai mal visti.
A riprova di questo vi è il termine, assai dispregiativo, con il quale erano indicati: “Creatori di contenuti”.




Il popolo dentro la scatola
di Federico Di Leva

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