sabato 7 marzo 2009

Mario Favini e l'inganno delle Crociate.

Crociati
Di Mario Favini
Prima della partenza il vescovo aveva tenuto una lunga predica. Saremmo stati i servitori del Signore, secondo lui, avremmo scacciato gli infedeli e la loro blasfemia dai luoghi santi di Cristo e degli Apostoli. Ci saremmo conquistati un posto nella storia ed uno in Paradiso, portando la parola di Dio a genti barbare, malvagie e lontane. Aveva osato paragonarci agli Angeli, il vescovo, Angeli mortali chiamati a diffondere le sacre verità. Così eravamo partiti carichi d’orgoglio e di speranza, di croci e di acquasanta. La realtà, però, s’era rivelata ben diversa dalle nostre aspettative. Seguivamo nobili decaduti ed avidi, facevamo razzia di tesori e di reliquie, violentavamo donne e bambini. Al nostro passaggio la terra stessa sembrava tremare di paura, e i bisbigli delle genti che incontravamo, per quanto incomprensibili, lasciavano intuire il terrore cieco che albergava nelle loro anime. Infine arrivammo in Terra Santa, e prima d’entrare in Gerusalemme il vescovo tenne un’altra predica. Parlò degli infedeli: crudeli assassini, bestie irrazionali, mangiatori di bambini. Non avremmo dovuto avere alcuna pietà per loro. Così, quando infuriò la battaglia, mi gettai sui nemici, pronto a servire il Signore ed ansioso di fare a pezzi gli infami pagani. Solo uccidendo per la prima volta capii di essermi ingannato, e m’accorsi della nostra follia. Il primo infedele che ammazzai non aveva più di quindici anni e il suo sguardo, un istante prima che gli mozzassi la testa, non era diverso dal mio. E quando abbassai la spada capii che per me le porte del Paradiso s’erano chiuse per sempre.

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