Sembra davvero uno stralcio dal diario di un uomo normale...o forse speciale.
Io sono l’Uomo dell’Acqua.
No, niente a che fare con ninfe, fate, elfi ed altre creature magiche. Io sono quello che con il furgone porta le bottiglie d’acqua nelle case. Una volta a settimana. L’acquaiolo.
E siccome mi chiamo Celeste, spesso penso a come sarebbe se invece di acqua, io consegnassi bottiglie piene di…cielo.
Driiinnn! Signoraaa! Sono io, le ho portato il suo cielo…come dice? Anche una cassa di frizzante? Consegnerei bottiglie con il cielo di tutto il mondo.
Alla giovane mamma di via Matteotti darei il cielo di montagna. Altissimo, purissimo, profumatissimo. Di artemisia, genziane e stelle alpine, perché il suo bambino possa crescere senza bronchiti e con spirito puro. All’attore con la villa in collina porterei il cielo di Broadway, importato esclusivamente, perché abbia sempre sotto il naso l’aroma del successo.
Alla modella dell’attico di via Piave il cielo povero di sodio e ricchissimo di luci di Parigi, quello con la bottiglia rossa, disegnata da un famoso stilista.
Io… farei la consegna speciale, il cartone da sei, ad Alessandra, che vive al buio e ha gli occhi sulla punta delle dita: Una bottiglia di cielo dell’Elba, che quando la apri senti l’odore del mare, la ruvidezza dello scoglio, il profumo del rosmarino selvatico e le grida dei gabbiani.
Una bottiglia di cielo del Lago Maggiore, che sa di montagne specchiate, di gasolio dei battelli, di azalea, di cigni, salici, canoe. Una bottiglia di cielo dell’Irlanda, un cielo magico. Quando la apri esce musica di violini e flauti, aria umida di pioggia, un arcobaleno infinito, odore di birra scura e di erica, belati di pecore col muso nero. Una bottiglia di cielo d’Armenia, che dicono non esista, ma è una bugia. Sa di grano, di pane, di canti perduti e sangue. Una bottiglia di cielo della Patagonia, dove ghiaccia il deserto che si sgretola in vento e polvere. Quando togli il tappo il respiro graffia la gola mentre si insabbia il cuore. Una bottiglia con il cielo della notte, pieno di stelle così luminose che pungono l’anima, ed i sogni profumano l’aria scura scorrendo come fotogrammi in fondo agli occhi.
Io. Sono l’uomo dell’acqua, quello che consegna le bottiglie con il furgone.
L’acqua è preziosa, sempre più preziosa, l’uomo è composto dal settanta per cento di acqua.
Io ci credo.
Io, come un giardiniere, innaffio, innaffio, una volta alla settimana.
Ma noi siamo fatti anche di cielo.
Io, ci credo.
Così, quando carico le casse sul furgone, non posso fare a meno di pensare a come sarebbe se, invece di acqua…
Perché Io mi chiamo Celeste. Che è il colore del cielo.
R. G.
IO (L'uomo dell'acqua)
Io sono l’Uomo dell’Acqua.
No, niente a che fare con ninfe, fate, elfi ed altre creature magiche. Io sono quello che con il furgone porta le bottiglie d’acqua nelle case. Una volta a settimana. L’acquaiolo.
E siccome mi chiamo Celeste, spesso penso a come sarebbe se invece di acqua, io consegnassi bottiglie piene di…cielo.
Driiinnn! Signoraaa! Sono io, le ho portato il suo cielo…come dice? Anche una cassa di frizzante? Consegnerei bottiglie con il cielo di tutto il mondo.
Alla giovane mamma di via Matteotti darei il cielo di montagna. Altissimo, purissimo, profumatissimo. Di artemisia, genziane e stelle alpine, perché il suo bambino possa crescere senza bronchiti e con spirito puro. All’attore con la villa in collina porterei il cielo di Broadway, importato esclusivamente, perché abbia sempre sotto il naso l’aroma del successo.
Alla modella dell’attico di via Piave il cielo povero di sodio e ricchissimo di luci di Parigi, quello con la bottiglia rossa, disegnata da un famoso stilista.
Io… farei la consegna speciale, il cartone da sei, ad Alessandra, che vive al buio e ha gli occhi sulla punta delle dita: Una bottiglia di cielo dell’Elba, che quando la apri senti l’odore del mare, la ruvidezza dello scoglio, il profumo del rosmarino selvatico e le grida dei gabbiani.
Una bottiglia di cielo del Lago Maggiore, che sa di montagne specchiate, di gasolio dei battelli, di azalea, di cigni, salici, canoe. Una bottiglia di cielo dell’Irlanda, un cielo magico. Quando la apri esce musica di violini e flauti, aria umida di pioggia, un arcobaleno infinito, odore di birra scura e di erica, belati di pecore col muso nero. Una bottiglia di cielo d’Armenia, che dicono non esista, ma è una bugia. Sa di grano, di pane, di canti perduti e sangue. Una bottiglia di cielo della Patagonia, dove ghiaccia il deserto che si sgretola in vento e polvere. Quando togli il tappo il respiro graffia la gola mentre si insabbia il cuore. Una bottiglia con il cielo della notte, pieno di stelle così luminose che pungono l’anima, ed i sogni profumano l’aria scura scorrendo come fotogrammi in fondo agli occhi.
Io. Sono l’uomo dell’acqua, quello che consegna le bottiglie con il furgone.
L’acqua è preziosa, sempre più preziosa, l’uomo è composto dal settanta per cento di acqua.
Io ci credo.
Io, come un giardiniere, innaffio, innaffio, una volta alla settimana.
Ma noi siamo fatti anche di cielo.
Io, ci credo.
Così, quando carico le casse sul furgone, non posso fare a meno di pensare a come sarebbe se, invece di acqua…
Perché Io mi chiamo Celeste. Che è il colore del cielo.
R. G.
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