sabato 6 giugno 2009

Una cruda verità quella che Alfa ci mette davanti in maniera volutamente un pò cruda. Ma in questo tempo in cui la cultura e l’amore per il fascino del passato vengono messi da parte per altri ideali certamente più labili è necessario scuotere un pò le coscienze.
La Pillola racconta di antiche lingue, un tempo parlate sul Lago d’Orta e oggi morte, o in via di estinzione.

Lingue morte

Stasera vi parlerò delle lingue morte. Non sto alludendo all’immonda lingua dei morti, quella usata dai Negromanti per animare i cadaveri. No, non vi parlerò di questa.
Parlo di lingue vere, di quelle che le persone usano per comunicare, per commerciare, per scambiarsi pettegolezzi, per dire “ti amo”. Lingue che sono come le persone: nascono, crescono, generano figli e muoiono. Pertanto esistono, o per meglio dire esistevano, lingue morte. 
Ci fu un tempo, un tempo di navi e avventurieri, in cui si commerciava 
usando la lingua degli Etruschi. Erano i tempi in cui i Rasenna (così chiamavano se stessi) erano i signori dell’Italia. Oggi di quella potenza non restano che lettere che a malapena riusciamo a leggere. Ci fu un tempo, un tempo di spade ed eroi, in cui l’Europa parlava il celtico. Allora le tribù dei Celti erano numerose come le foglie sugli alberi e loro era il dominio sull’Europa. Oggi di quella moltitudine non restano che minoranze ostinatamente aggrappate ai confini del continente. Ci fu un tempo, un tempo di biblioteche e poeti, in cui avreste potuto 
conversare coi saggi di tutta Europa in latino. Oggi che quella sapienza è scomparsa il tradurre brevi testi è una fatica insostenibile per la maggior parte di noi.
Ci fu un tempo, un tempo di campagne e contadini, in cui la saggezza parlava la lingua del popolo. Oggi che di saggezza avremmo un disperato bisogno, dobbiamo ricorrere a dizionari e libri e corsi per comprendere ancora il dialetto.

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