Teodora
Chiedete della città di Teodora a chi vi giunge sonnecchiando su un sedile di velluto, e a chi invece porta su suoi piedi i segni di un cammino di tre giorni. Il primo –un uomo annoiato da una vita sempre uguale- vi dirà di quel barbone al bar della stazione, del cielo di cemento in una giornata di pioggia, dei lampioni spenti alla fermata del tram, del nero odore di una strada appena asfaltata. Solo il secondo -con la luce dei viaggiatori nell’iride - vi saprà raccontare come è arrivato in quella quartiere segreto oltre il fiume, dove le vie hanno lucide piastrelle color nocciola e i palazzi pareti soffici come sachertorte. Vi confiderà di aver visto due amanti tenersi la mano stando seduti su un muffin gigante, mentre donne dagli occhi ocra ondeggiavano tra bancarelle di cacao, gustando l’odore dei baci di dama, dei boeri e dei roches. A quel punto voi chiuderete gli occhi, e sentirete quello stesso identico profumo, un profumo fittizio, creato dagli occhi della mente. E così immaginerete dei bambini che si rincorrono attorno ad una fontana simile ad una torta a strati, nella quale sgorga denso cioccolato fuso, mentre altri, più silenziosi e riflessivi, gareggiano con barche di carta marroni. Vedrete portoni pralinati, brunastre tegole con scorze d’arancia, lampioni di gianduia, panchine bianche e zuccherose. Ma poi qualcosa –il suono di un clacson, l’urlo di una signora con una collana di perle, un treno che passa lontano- farà cambiare i colori a questo quartiere, un quartiere cinereo, del colore delle tombe. E allora non tu, ma lui, quell’instancabile camminatore e demiurgo di un universo di cioccolato, si allontanerà, senza guardare nessuno negli occhi, deluso e borbottando qualcosa contro un mondo creato da un’umanità senza sogni.
Eleonora Roaro
1 commento:
Una città magica ed affascinante, il cui incanto svanisce lasciando un amaro sapore in bocca e il ricordo di una dolce visione.
Bellissimo racconto, complimenti.
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