Un paio di giorni fa sono stato intervistato - dal quotidiano "La Provincia" - dopo il terribile delitto (ancora irrisolto) che ha sconvolto un piccolo centro appena fuori Varese.
Ancora una volta, purtroppo, la realtà dimostra di riuscire sempre a superare la fantasia.
«Se fosse un romanzo noir sarebbe poco credibile»
Paolo Franchini, giallista varesino, colpito dall’efferatezza del delitto: «La realtà supera la fantasia»
COCQUIO TREVISAGO – «Solo fino a qualche anno fa se avessi proposto a un mio editore una storia come questa probabilmente non me l’avrebbe pubblicata, chiedendomi di renderla più verosimile». Così Paolo Franchini, scrittore noir varesino, in merito alla vicenda di cronaca che ha sconvolto la tranquillità di Cocquio Trevisago e dell’intera provincia.
«Il fatto è sconvolgente – aggiunge il giallista varesino. – L’unica riflessione che mi viene da fare, da scrittore, è proprio quella relativa alla scomparsa del confine tra verosimile e inverosimile, un confine che una volta si conosceva e su cui si giocava nella creazione delle storie da raccontare».
Invece, nella vicenda che è costata la vita a Carla Molinari, di verosimile sembra non esserci proprio nulla. Eppure è tutto terribilmente reale. «La vicenda è tanto tragica quanto assurda, sia per il contesto in cui è maturata, che per la tipologia della vittima. Ed è solo uno dei tanti casi, penso anche all’omicidio di Dean Katic, il ragazzo sepolto nel giardino della villa, sembra una vicenda tratta da un film dell’orrore, di quelli che non si riusciva ad immaginare di poter leggere nelle cronache di Varese».
Dunque in un contesto in cui tutto diventa possibile, qualcosa cambia anche per gli scrittori: «Certo, inventarsi qualcosa di nuovo diventa difficile, ma cinicamente si può anche pensare che questo confine confuso tra il possibile e l’impossibile vada a favore di chi per mestiere inventa storie.
Paradossalmente con il venir meno di questo vincolo diventa più facile inventarsi una trama, dalla più banale a quella più intricata».
La peculiarità delle vicende narrate da Paolo Franchini è proprio quella di essere ambientate sul pianerottolo, oltre la porta della casa accanto: «Certo, il disagio nella lettura di una vicenda che si sviluppa “vicino” al lettore è molto maggiore, raccontare una storia di bande che si scontrano in America può essere altrettanto affascinante ma lascia indifferenti. E ciò che rende terrificante l’episodio di Cocquio è proprio il fatto che sia capitato ad una signora qualunque, alla “vicina di casa”, in un paesino di provincia».
Quando accadono episodi tanto efferati da apparire subito come l’opera di un maniaco, viene subito da chiedersi se esistono, in letteratura, storie simili: «Consultando database on line si scopre che nel mondo reale di delitti simili ce ne sono stati tre, sicuramente esistono casi analoghi anche in letteratura. Mi viene in mente “La mano sinistra del diavolo” di Paolo Roversi, dove però l’amputazione della mano è legata a un messaggio».
Alessandro Madron
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