venerdì 8 gennaio 2010

Restando in tema di perle, ecco un pezzetto tratto da "Il Giovane Re" del mio amico Oscar Wilde.
Il Giovane Re è un racconto che fa parte della raccolta La casa dei Melograni che conta diverse favole, come Il compleanno dell’Infanta e Il gigante egoista, certamente più conosciute. Scritte con la solita verve tipica di Wilde, sono però ricchissime di messaggi morali e sociali, che portano il lettore (e l’ascoltatore: ricordiamo che Oscar narrava personalmente le storie, nei salotti e durante cene dove un pubblico affascinato pendeva letteralmente dalle sue labbra) a riflettere profondamente.
Questo brano racconta la pesca delle perle, destinate al corredo del giovane re. Il quale però, assistendo in sogno alla tragica storia dei tesori a lui destinati, rifiuterà ogni ricchezza per vivere in povertà dedicandosi ai più sfortunati.

(…) Si riaddormentò e sognò ancora: ed ecco il suo sogno.
Era steso sul ponte di una grande galea su cui remavano cento schiavi. Al suo fianco, su di un tappeto, sedeva il capitano della galea. Era nero come l’ebano, con in testa un turbante di seta rossa, grossi orecchini gli pendevano dai lobi degli orecchi: reggeva tra le mani una bilancia d’avorio.
Gli schiavi erano nudi, con un cencio intorno alle reni, e ognuno di essi era incatenato al vicino: il sole caldo batteva in pieno su di loro mentre alcuni negri, che correvano avanti e indietro sulla passerella, li sferzavano con fruste di cuoio. (...)
Raggiunsero infine una piccola baia e presero a scandagliarne la profondità.
Gettata l’ancora e calate le vele, i negri scesero nella stiva e risalirono con una lunga scala di corda gravata di piombo. Il capitano gettò la scala in mare dopo averla fissata a due puntelli di ferro: poi i negri afferrarono lo schiavo più giovane e, spezzate le sue catene, gli riempirono le orecchie e le narici di cera e gli legarono una pesante pietra dietro la schiena. Il giovane scivolò faticosamente giù per la scala e scomparve nel mare, dal quale gorgogliò qualche bolla.
Dopo un po’ lo schiavo pescatore emerse dall’acqua e stringendo una perla nella mano destra, si afferrò ansando alla scala. I negri gli tolsero la perla dalla mano e lo ributtarono giù. Quello saliva a galla e si rituffava e ogni volta portava una splendida perla. Il capitano le pesava tutte e le metteva in un sacchetto di pelle verde.
Poi il pescatore venne su per l’ultima volta e la perla che portò era più bella di tutte perché aveva la forma della luna piena ed era più bianca della stella del mattino.
Ma il giovane era stranamente pallido, e quando cadde sul ponte il sangue gli sgorgò dalle narici e dalle orecchie. Tremò ancora un poco, poi restò immobile. I negri scrollarono le spalle e gettarono in acqua il cadavere.
Il capitano rise: allungò la mano, prese la perla, poi se la premette sulla fronte e si inchinò.
“Sarà – disse – per lo scettro del giovane re”.
Udite queste parole, il giovane re diede un grido e si svegliò, e attraverso la finestra vide le lunghe dita grigie dell’alba che si aggrappavano alle stelle che stavano per svanire.

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