sabato 27 marzo 2010

Homo tecnologicus


Tutto cominciò, secondo la celeberrima sequenza del film “2001 Odissea nello spazio” raffigurata qui sopra, quando un primate comprese che un osso poteva essere usato come arma per compensare la sua minore forza. Per altri fu quando qualcuno scoprì come utilizzare un percussore per ricavare da una selce una lama tagliente. O, ancora, l’inizio fu la scoperta di come il fuoco poteva essere controllato per cuocere la carne, rischiarare le tenebre e tenere lontane le bestie feroci.
La nostra specie in una cosa sopra tutte è differente dagli animali. Ha imparato che invece di adattarsi, lentamente e inconsapevolmente, alle caratteristiche dell’ambiente in cui si trova, è possibile modificare, almeno in parte, queste condizioni per adattarle alle proprie esigenze.
Lo strumento per ottenere questo risultato è la tecnologia e la capacità collettiva di utilizzare e sviluppare tecnologie sempre più sofisticate è parte di quel complesso di saperi che chiamiamo cultura.
Un gruppo umano dotato di cultura e tecnologia diventa una minaccia per qualsiasi altra creatura viva in quell’ecosistema. Un uomo solo e senza strumenti nell’ambiente naturale è un uomo morto.
All’antico fuoco abbiamo affiancato strumenti sempre più sofisticati che rendono la vita ogni giorno un po’ più comoda. Vivere senza cellulare, senza computer, senza radio, senza internet ci sembra già impossibile, eppure i nostri nonni – e in parte noi stessi – nacquero e prosperarono quando questi strumenti non esistevano.
Tutto però ha un prezzo.
Quando abbandonammo l’equilibrio originale, il Paradiso perduto, ci scoprimmo nudi e indifesi. Allora ci affidammo alla tecnologia per sopravvivere. Ne facemmo il nostro Moloch, un idolo a cui sacrificare ogni cosa, finanche i nostri figli. Essa crebbe, si moltiplicò e s’ingigantì.
E ci rese schiavi.

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