lunedì 15 novembre 2010

Racconto: Le mie misure

Quanti di voi hanno letto “I viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift? E quanti tra voi non hanno immaginato qualche volta di vestire i panni del protagonista. Gulliver, appunto; un gigante nella terra di Lilliput. E poi minuscolo nella terra dei giganti.
La storia che vi stiamo per raccontare ha molte affinità con le vicende narrate in quel romanzo. C’è però una significativa differenza: questa è una storia vera.


Quando si è bambini le misure non contano molto. I più alti si arrampicano sugli alberi, ma sono i piccolini che riescono a trovare i tesori strisciando sotto le reti.
Certo le misure contano poco anche grazie alle favole: anche rileggendole mille e mille volte Pollicino la fa sempre in barba al gigante e il topolino si prende ogni volta gioco del prepotente leone.
Io ho raggiunto il massimo della consapevolezza delle mie scarse misure quando, a quindici o sedici anni, mi sono resa conto di non arrivare all'ultimo scaffale del supermercato e di non farmene molto dell'astuzia contro una scatola di cereali. Da quel momento in poi mi sono rassegnata non ad essere bassa, suonerebbe come un insulto alla mia infanzia fiabesca, ma quantomeno gnoma.
Dopotutto la vita da gnomi non è così male, mi sono sempre detta, negando l'evidenza che gli gnomi nell'immaginario comune vivono in alberi cavi e indossano cappelli a punta. Ma devo ammettere che, al di là degli armadi troppo alti e delle partite di pallavolo, non mi era mai pesato molto avere la statura di un bambino di dieci anni.
Poi un giorno ho preso un aereo.
Che grande pazzia lasciare la propria terra, anche solo per una manciata di giorni, e volare lontano. Ho preso un aereo e sono atterrata in una terra dove le misure mi parevano completamente sconvolte, dove immenso e minuscolo si fondono e dove tutti, agli occhi di un'occidentale, sono un po' gnomi: sono atterrata in Giappone.
Lì per la prima volta ho provato il brivido di riuscire a tenermi agli appositi sostegni della metropolitana, mi sono aggirata in piccoli supermercati dove i piccoli scaffali finivano all'altezza dei miei occhi e ho dormito in un piccola casa dove per salire nella mia piccola stanza dovevo scalare una scala strettissima, sapendo che il giorno dopo mi sarei immersa senza toccare il fondo in una metropoli più grande di tutti gli alberi che non ero mai stata in grado di scalare da bambina.
E lì, in quella terra dove nessuno riuscirebbe a prendere la scatola di cereali sul ripiano più alto, mi sono sentita più Pollicino che mai. Tra i grattacieli che quei piccoli uomini hanno eretto sino alle nuvole, facendosi beffa di tutti i giganti.



Le mie misure scritto da Irene Piana

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