sabato 7 giugno 2008

Camilleri e Niffoi: il viaggio nella letteratura dell'Equi-Librista

Giro d'Italia alla radio inteso come un simbolico percorso attraverso i dialetti, le parlate locali. Marco l'Equi-Librista nei suoi consueti spazi dedicati alla lettura ci propone un paio di autori decisamente caratteristici. Andrea Camilleri e Salvatore Niffoi.

Questi autori hanno attinto a piene mani dal patrimonio linguistico delle loro terre d’origine per dare ai propri libri un’anima che la traduzione in italiano avrebbe fatto perdere.
Sono molti gli scrittori che hanno deciso di scrivere utilizzando il proprio dialetto o singoli vocaboli di esso.
ANDREA CAMILLERI
è divenuto ormai famosissimo, forse addirittura inflazionato, grazie (o a causa) dei film tv con Zingaretti. È di origine siciliana anche se si è trasferito dagli anni 50 a Roma.
Non ha mai però dimenticato la sua Porto Empedocle, tant’è che è diventata, nella trasposizione dei suoi romanzi, la Vigata del commissario Montalbano.
Descrivere questo personaggio credo sia superfluo; in ogni caso, a grandi linee, posso dire che è il classico poliziotto dei libri gialli, arguto osservatore che arriva a scoprire i colpevoli a colpi di intuizioni brillanti senza far ricorso ai RIS di Parma.
Le caratteristiche che lo distinguono dagli altri detective letterari sono le colorite espressioni in siciliano (suo e degli altri personaggi generati dalla creatività di Camilleri) e il suo rinomato buon gusto culinario.
Come dicevo le espressioni colorite in sicilano sono parecchie, forse all’inizio leggere uno dei suoi libri potrebbe risultare un po’ ostico ma con il passare delle pagine si inizia a capire a cosa un certo termine si riferisca e a quel punto la lettura diventa scorrevole e appassionante.

SALVATORE NIFFOI
è uno scrittore che vive in Barbagia, in Sardegna. È stato, fino al 2006, un insegnante di italiano alle scuole medie. In un’intervista rilasciata anni fa, raccontava com’è stato il suo exploit come scrittore. Lui aveva sempre detto che prima dei cinquant’anni avrebbe scritto un libro e così, qualche tempo prima di compiere la fatidica età si mise all’opera.
Parlò con la moglie dicendo che per un po’ di tempo si sarebbe rifugiato da qualche parte a scrivere. Rimase tre mesi in una baracca in mezzo al nulla con una vecchia Olivetti rubata da un accampamento zingaro. Tornò a casa con un plico di fogli dattiloscritti.
Fece una colletta tra i suoi amici e con i soldi che riuscì a racimolare stampò un migliaio di copie. Il libro fu distribuito da un editore locale. Dopo il primo de seguirono altri sempre a tiratura limitatissima fino a quando non giunsero agli occhi dell’Adelphi di Milano.
Quello fu il momento in cui Niffoi assurse al livello di scrittore nazionale e internazionale (i suoi lavori sono stati tradotti anche in Francia). Scrive in un misto di italiano e sardo e se il siciliano poteva essere difficile da capire in un primo momento, figuratevi i termini in sardo.
In ogni caso anche i suoi libri, come quelli di Camilleri, sono leggibilissimi. La maggior parte del testo è in italiano ma ogni tanto qualche parola in dialetto ci porta i profumi e colori della Sardegna. Le difficoltà legate alle comprensione dei termini in dialetto sono solo iniziali e una volta superate i suoi libri si leggono in un fiato.

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