Attenzione. Questo film, montato e musicato, è stato trovato recentemente nello studio di Sergio Leone, spolverando la scrivania. La “pizza” d’alluminio, pur di notevole diametro data la lunghezza del film (5 ore, ma scarse), era completamente nascosta da una considerevole quantità di materiale vario, da avanzi di Antico Toscano (sui quali si sta procedendo con l’analisi del DNA per vedere se di Clint Eastwood) a rimasugli di pizza al taglio e pasta a l’amatriciana, libri sulla storia dei samurai e fiaschette di Frascati, nonché una pipa d’osso, probabilmente appartenuta a Lee Van Cleef.
Si parte con 35 minuti di armonica e tromba, un po’ una ed un po’ l’altra, poi insieme. Infine, la prima figura umana nel paesaggio giallo-bruno di un imprecisato sud degli Stati Uniti. Un campo lungo, poi un primo piano delle rughe solcanti la pelle abbronzata che contorna un occhio maschile dall’incredibile azzurro acciaio: è quello di un cowboy dal passato misterioso, Clint Eastwood; tiene in bocca un sigaro spento. Lo fa stando in sella del suo baio, guardando l’orizzonte spagnolo, Nuovo Messico nella finzione cinematografica (lo si capisce da una scritta sbiadita sul muro di una Missione abbandonata), con una gelida intensità.
Dopo venti minuti di silenzio, rotto solo dal fruscio del vento registrato a Ostia Lido, un’armonica entra nell’orizzonte sonoro ed il cavallo muove uno zoccolo. Forse innervosito dalla staticità, forse per una mosca che gli rompe i maroni. Dopo un’alta mezzora si aggiunge una tromba, che inizia con il sottofondo dell’armonica un duetto struggente. La mano di Eastwood scivola lenta sul calcio della pistola. Dopo altri dieci minuti saltano fuori da dietro un masso Gian Maria Volonté, Eli Wallach e Lee Van Cleef: tutti e tre fanno fuoco con le Colt e le Smith&Wesson. E’ l’inferno. Dopo venti minuti si dirada il polverone: il baio non ha mosso uno zoccolo e soltanto la Colt di Eastwood, ancora impassibile in sella, emette un sottile filo di fumo dalla lunga canna arroventata. Il fumo evanescente sale per 457 secondi verso l’alto, mentre una tromba struggente sottolinea solitaria la drammaticità della situazione.
Dopo cinque minuti Eastwood si accende il sigaro che teneva spento tra le labbra arse dal sole, tira un paio di boccate e poi dice: “Andiamo, bello…!” e il baio si avvia lento verso l’orizzonte giallo ed arso, mentre un vento polveroso inizia a far rotolare cespugli ormai secchi.
Una tromba si suicida in un assolo lancinante. La soccorre invano una chitarrina elettrica ed un ululato della badante di Ennio Morricone, esasperata dal disordine del maestro, che lascia spartiti musicali nei posti più impensabili, complicandole la vita.
Marco Franceschini
p.s. Sarà Vero?
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