sabato 23 maggio 2009

Federico di Leva disquisisce sul Giallo

Gialle curiosità...

Anticamente gli alchimisti, nel loro tentativo di creare la Pietra Filosofale, creavano composti, intrugli, e mescolanze di ingredienti che, riscaldati a dovere, attraversavano tre fondamentali stadi: quello della Nigredo (detto dell’opera al nero), in cui la materia si putrefà; quello dell’Albedo (detto dell’opera al bianco), durante la quale misteriose sostanze si purificavano, sublimandosi; quello della Rubedo (o dell’opera al rosso) che costituiva lo stadio finale, dell’incandescenza. Esisteva, tuttavia, uno stadio ulteriore, quasi irraggiungibile ed assai prezioso, che era detto della Citrinitas. Esso si otteneva quando la materia, facendosi colore dell’oro, raggiungeva il più complesso stato di trasmutazione...
Giallo, nella simbologia popolare, è anche il colore dell’invidia: forse proprio dell’invidia di chi, con l’alchimia, giunge alla conoscenza dei segreti della natura? Certo è che, per quanto Goethe (nella sua opera “Della teoria dei colori” o “Zur Farbenlehre”) giudicasse il giallo «... un colore allegro, vivace e delicato...», esso era associato, dagli antichi, alla “bile gialla” che – secondo la teoria dei quattro umori – caratterizzava le persone colleriche. In greco, di fatti, giallo è choléra. La curiosità, ora, è: ma il colera si chiama colera perché, se ci si ammala, si diventa giallognoli, oppure perché, se si prende il colera, si va anche (comprensibilmente!) in collera?

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