venerdì 16 ottobre 2009

Dalla parte del gatto

In quel periodo mia sorella frequentava un ragazzo che (se proprio devo dirlo con sincerità) non mi piaceva affatto.

Era uno spilungone spelacchiato, magrissimo, e dall’espressione sempre volutamente feroce.

Qualunque vestito si mettesse, pareva che gli andasse eccessivamente largo, facendolo sembrare uno stecco con indosso una tela, o uno spaventapasseri...

Come ho detto, questo ragazzo aveva la mania di atteggiarsi da duro. Era un grande esperto nel riprodurre una vasta gamma di sguardi (cattivo, vendicativo, rabbioso, pericoloso...), e vantava anche la conoscenza di un buon numero di espressioni gergali assai colorite, ed una serie di smorfie della bocca che, se solo fossero state fatte da un duro, allora sì che avrebbero dato proprio l’idea di un duro. Ma, siccome a far quelle smorfie era lui, ecco che tutti quegli atteggiamenti – forse assunti per poter apparire più macho agli occhi di mia sorella – ottenevano, come unico risultato, una profonda ed involontaria comicità.

Come se questo non bastasse, il suddetto ragazzo aveva anche deciso di essermi amico a tutti i costi.

Fosse stato per me, io lo avrei ignorato volentieri. Credo di averglielo anche spiegato. Ma lui proprio non voleva capirla, e continuava a fare di tutto per attirare la mia attenzione, per mostrarsi macho, sagace, simpatico, e brillante ai miei occhi.

Arrivai persino a sospettare che, non contento di aver fatto colpo su mia sorella, pretendesse di fare colpo anche su di me.

Peccato che non solo non mi stava simpatico, ma mi risultava anche abbastanza sgradevole...

E più cercava di rendersi simpatico, più mi risultava sgradevole.

E più io cercavo di ignorarlo, più lui cercava di farsi notare.

Ascoltavo musica con le cuffie, e lui mi parlava ad alta voce perché lo udissi. Mi defilavo per lasciarlo solo con mia sorella, e per non doverlo vedere, e lui mi cercava, per parlarmi di argomenti assai disparati, ma sempre ugualmente banali...

Era un piattola, insomma. E mi infastidiva in un modo che non fui capace di descrivere a nessuno per molto, molto tempo.


Un giorno, poi, ho visto Maya, la nostra cagnolina, che saltava e correva nel prato, abbaiando e schiamazzando forte per fasi notare dalla sonnolenta Luna, la nostra anziana gatta. E più Maya correva e saltava, più Luna – con impareggiabile atteggiamento di superiorità felina – la snobbava.

Solo allora ho capito come descrivere che cosa era per me l’ex ragazzo di mia sorella. E, nel capirlo, ho sorriso – con impareggiabile atteggiamento di superiorità felina – perché, con grande orgoglio, ho scoperto di essere dalla parte del gatto...


Federico “Ruysch” Di Leva

dei Menestrelli di Jorvik

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